Il caro e vecchio Vito Crimi ha detto negli ultimi giorni dell’anno: “L’editoria è il settore più assistito dallo Stao”. E a sostegno della bizzarra tesi ha citato una cifra di 3,5 miliardi di euro in 15 anni. Una somma che non trova alcun riscontro, ma doveva essere buona per lui che pratica la mai troppo vecchia politica nasometrica, molto in voga nei governi degli anni Settanta, cioè vado a naso, tanto tutti ci credono.
In realtà i soli sussidi elargiti alle fonti energetiche ritenute dannose per l’ambiente (gas, carbone, petrolio, ecoballe e altri) secondo i dati del ministero per l’Ambiente ammontano a 11,5 miliardi all’ anno. Crimi ha annunciato anche che, a posto dei contributi statali, verrà creato un fondo per l’editoria di 180 milioni di euro da distribuire (in quanto tempo?) a “soggetti pubblici e privati che promuoveranno la cultura della libera informazione plurale, della comunicazione partecipata e dal basso, dell’ innovazione digitale e sociale, dell’ uso dei media”. Cioè tutti e nessuno, ma alla fine quel fondo sappiamo già finirà nelle tasche degli amici degli amici degli amici. Quasiasi sia il governo in carica.
Sull’agenda di Crimi per il 2019 c’è anche l’abolizione della legge che istituisce l’Ordine dei giornalisti. Come lui stesso ha più volte dichiarato: “Da sempre siamo contrari a questa istituzione”. Perciò, probabilmente dopo le elezioni europee e quelle regionali, il sottosegretario metterà mano all’accetta. Il lavoro di disboscamento non sarà però semplice. Sarà il Parlamento a decidere, e lì dipenderà molto dal risultato delle elezioni, dalle divisioni della maggioranza e dalla disponibilità di Salvini a demolire un ordine professionale a cui lui stesso appartiene.
Tutti dettagli che a Crimi fanno un baffo, ammesso che lui stesso superi intatto il rimpasto di governo.