giorgio levi

Eppure i lucciconi ci sono sempre

Foto archivio Il Times (tutti i diritti riservati)

Ogni due mesi circa l’Ordine dei giornalisti piemontesi consegna le tessere ai nuovi iscritti. Pubblicisti e professionisti. Una piccola cerimonia in Sala Roccati a Palazzo Ceriana.

Ai miei tempi la prassi era diversa. Il tesserino da pubblicista me lo rifilò in mano, allo sportello, senza tanti complimenti la più arcigna impiegata della storia dell’Ordine di quei tempi: “Tenga, che ho da fare”.  Fine della cerimonia. Quello da professionista uguale. Insomma, sabaudi fino all’osso.

Ovviamente gli anni modificano tutto, persino la consistenza dei buchi neri, così adesso siamo arrivati ad una vera e propria cerimonia. I nuovi iscritti sono di età variabile dai 20 ai 50 anni, a volte anche di più. Moltissimi con parenti al seguito. Papà, mamme, nonni, trisavoli. Le donne nel loro miglior abbigliamento, i ragazzi un po’ più naif. Scattano foto, selfie, ritratti con il tesserino ben stretto in mano. Prima il gruppo famiglia, poi da soli, poi con il fidanzato, l’amico, l’amico dell’amica. Palazzo Ceriana nel suo splendore architettonico è un set che nessun altro circolo della stampa in Italia può vantare.

A tutti chiediamo di dire al microfono due parole. E loro si presentano. Qualcuno timidissimo, altri arrembanti, stringono mani, ricevono applausi dagli altri che aspettano il loro turno e dal parentando entusiasta. Educati, per bene, ho sognato tutta la vita di fare questo mestiere, fin da piccola. Ma sei piccola, ragazza mia, hai appena 20 anni.

Tuttavia, c’è un dato che accomuna questo esercito di entusiasti apprendisti (hanno il tesserino ma il lavoro ci vogliono una decina d’anni per impararlo davvero) ed è che tutti, invariabilmente, ad un certo punto del loro breve discorso si commuovono. Si vede perché s’impappinano, i più roboanti abbassano la voce, i timidi hanno il groppo in gola. Un pubblicista di una certa età ha detto: “Scusate, ma mi sono commosso e non riesco ad andare avanti”.

Ecco, è questa cosa che fa riflettere. Siamo forse alla vigilia della cancellazione dell’Ordine, i giornalisti fanno la fame, le aziende non assumono, i cronisti vengono presi a botte dai mafiosi, i politici insultano la categoria e formulano liste di proscrizione. E voi, signori miei, ve ne state lì con il luccicone trattenuto a rigiravi un tesserino foderato di finta pelle.

E’ una considerazione da rincoglionito un po’ datato, non c’è dubbio. Quando ho fatto l’esame a Roma da professionista sono uscito su Lungo Tevere de’ Cenci e ho pianto fino in albergo. E ho pianto ancora. E poi ancora. Ma i tempi erano diversi. C’era lavoro, soldi, buoni contratti di lavoro, migliorativi contratti integrativi, carriere da percorrere.

Quanti di coloro che hanno ritirato il loro tesserino ieri, commuovendosi come me allora, si potranno giocare altrettante buone carte? Io spero tutti. Qualcuno mi chiede sempre se il viaggio che inizia ora andrà da qualche parte. Io non lo so, ma di una cosa sono certo. E dico a loro, fatevi pagare sempre, qualsiasi cifra, anche pochi euro. Perché un articolo non ha prezzo, ma la vostra dignità sì.