giorgio levi

Michela Murgia sbaglia, il generale Figliuolo non è il nemico. E’ un impiegato dello Stato

Il generale Francesco Paolo Figliuolo (foto uffcio stampa Esercito Italiano)

Michela Murgia è autrice di numerosi romanzi, saggi, articoli. E’ una blogger e una critica letteraria. Ho provato a leggerla, ma non mi piace come scrive. E’ una questione di stile, non di contenuti. Se non c’è, non c’è.

Murgia è stata al centro del solito vorticoso dibattito politico, e riempita d’insulti sui social, per avere criticato il generale Figliuolo, che, a suo dire, non dovrebbe andare in giro vestito da militare mentre interpreta la parte del commissario al piano vaccini. A lei i militari non piacciono, soprattutto se si occupano di faccende civili. Anche se poi, va detto, che il giorno dopo ha cercato qui sul suo profilo Facebook di correggere un po’ il tiro, ma l’impressione è che la sostanza sia rimasta la stessa.

In tanti siamo stati come Murgia, ma in anni lontanissimi. Anni ’60 e ’70, la Grecia dei collonnelli, la giunta militare Argentina, Pinochet in Cile nel ’73. Al liceo ero entrato nel Movimento Studentesco e le divise, “quelle” divise, erano uno dei simboli della nostra protesta. Sacrosanta. La paura dopo il tentativo del colpo di Stato di Junio Valerio Borghese nel dicembre del ’70, orchestrato con la complicità di uomini dell’esercito. Ce n’era abbastanza per vedere nelle divise il nemico della nostra libertà.

Poi però, si cresce. E’ la vita. In quegli anni avevo sedici o vent’anni, avrei voluto fermarmi a quell’età, ma un po’ alla volta sono diventato adulto. Forse. Si studia, si legge, ti costruisci il futuro ripercorrendo il passato. Che non era quello del ridicolo golpe.

Ma è quello scritto nella storia più drammatica di questo Paese. E’ nella follia di Mussolini che mandò a morire 300 mila militari nella guerra più insensata della storia d’Italia. Nella Campagna di Russia, 80 mila i militari morti o dispersi e 30 mila i feriti o congelati. Se Murgia avesse letto “Centomila gavette di ghiaccio” di Giulio Bedeschi avrebbe capito.

Poi cresci ancora e leggi la lettera che il generale Giuseppe Perotti, martire della Libertà, trucidato dai fascisti al Martinetto di Torino, scrisse alla moglie prima della fucilazione: “Ho coscienza di aver voluto a te, alle mie creature belle tutto il bene che il mio cuore era capace di dare e voi mi avete dato tante gioie ed un immenso desiderio sempre di avervi vicini, di godervi, di sentirvi”.

E un po’ alla volta fai la conta dei militari che dopo l’8 settembre del ’43 salirono in montagna a combattere con i partigiani e gli oltre 600 mila internati dai tedeschi nei campi di sterminio.

Ecco Murgia, la storia siamo noi, come direbbe De Gregori. Siamo noi che la costruiamo giorno dopo giorno. Studiando, leggendo, informandoci. Quelle divise italiane che non ci piacevano sono state sepolte dalla polvere del tempo. Ma non dalla memoria, guai a dimenticare Pinochet e i nostri fascisti del Dopoguerra. Siamo maturati.

Per me il generale Figliuolo è un impiegato dello Stato. Quando Borghese progettava il suo tentativo di golpe, Figliuolo aveva 9 anni. La sua divisa da alpino non mi crea alcun disagio. Anzi, mi dà fiducia. E’ il segno di un lungo impegno da democratico al servizio di questo Paese. Figliuolo ha giurato sulla Costituzione.

Per me può indossare anche bermuda gialli e una camicia hawaiana. Quello che m’interessa è che mi vaccini prima dell’estate

2 thoughts on “Michela Murgia sbaglia, il generale Figliuolo non è il nemico. E’ un impiegato dello Stato

  1. Stavolta non mi convinci, caro Levi. L’esibizione della mimetica, come si fosse in azione di guerra, che senso ha? Un po’ come i fucili mitragliatori con cui i milatari pattugliano le stazioni ferroviarie: ti mettono a tuo agio? ti danno sicurezza? Mah!

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