giorgio levi

La perversa voglia di lockdown

(foto di Anna Shvets da Pexels)

Scorrevo ieri i titoli dei quotidiani e non c’era giornale o sito online che non riportasse il termine lockdown, che fino a febbraio non sapevamo nemmeno che cosa volesse dire. I virologi (che Dio li benedica e ce li tolga dai piedi) annunciano lockdown già ad agosto, per non dire settembre o addirittura ottobre, il mese dove tutti dovremmo essere inchiodati nei nostri 70 metri quadri. In un titolo di giornale ho letto che il ministro Speranza (che solo il nome indurrebbe Totò a qualcuno dei suoi memorabili gesti scaramantici) annunciava un prossimo lockdown. Poi leggi e scopri che Speranza & Carità si riferiva a chiusure locali, paesi, quartieri cittadini, province. Persino lui, il ministro più pandemico della storia, si è ben guardato dal prospettare un lockdown generale, come quello di marzo e aprile. La chiusura, che ha limitato la diffusione del virus, ma che ha messo in ginocchio l’economia d’Italia. Ma ai giornali piaceva lockdown senza aggiugere locali.

I social poi, come al solito, abbondano d’idioti culturali che alla parola lockdown hanno orgasmi mulitpli per cui è difficile frenare la loro voglia di masturbarsi e di renderci partecipi della libidine che li assale all’idea di blindarsi in casa con la polizia che t’inchioda se superi i 300 metri del tuo marciapiede. Sono prodighi di consigli, esperti di mascherine, intransigenti sul loro uso, menano becchettate a destra e a sinistra. E soprattutto non tengono conto che ormai ne conosciamo ogni dettaglio sull’utilizzo corretto, cazziare chi la porta al polso, è stupido pestare su chi la tiene sotto il naso, se non la indossa è perché non vuole.  E’ inutile perciò rincoglionire gli altri.

Sono gli stessi che profetizzavano duri lockdown dopo la movida di Milano e quella di Torino, dopo le Frecce Tricolori, dopo i festeggiamenti dei tifosi del Napoli, dopo la riapertura dei bar, dei ristoranti, dei confini regionali, delle stazioni ferroviarie, del turismo, degli aeroporti e ora dei locali, delle spiagge, delle gite in montagna. A maggio: “Tra 15 giorni tutti chiusi in casa”. Siamo a metà agosto.

Di questi catastrofisti da due neuroni ancora non ho capito se lo fanno apposta perché non hanno un cazzo da fare tutto il giorno o se sono profeti di sventura autentici, convinti di qualsiasi minchiata intercettino sulla rete.

Nel primo caso lo fanno perché si divertono a stringere il culo alla gente che li legge e non posso farci nulla. Se non ricordare che il lockdown è stato pesantissimo sotto il profilo mentale e neurologico di milioni di persone, di quelli che vivono i 30 metri quadri e sono sette in famiglia o degli anziani che soffrono più di altri la prigionia casalinga. Se vi divertite così siete dei mentecatti e io mi arrendo di fronte a tanta scelleratezza.

Nel secondo caso (cioè sono davvero convinti di un nuovo lockdown generale) vorrei ricordare che siamo usciti da quei due mesi a pezzi. L’economia è crollata, l’industria non riesce a riprendersi, le piccole e medie imprese sono con l’acqua alla gola. Un altro lockdown sarebbe la fine di questo Paese. Le aziende ancora in piedi sarebbero costrette a licenziare i dipendenti. L’Inps, l’ente di Stato che dipende per intero dall’andamento del mondo del lavoro, imploderebbe in sei mesi, non più sostenuto dai contributi dei lavoratori e perciò impossibilitato a erogare pensioni, nuove e vecchie. Perciò decine di milioni di lavoratori e pensionati si getterebbero sui risparmi cercando di portarli a casa, svuotando i bancomat. Le banche, che non hanno materialmente la possibilità di restituire ai correntisti quanto depositato nelle loro casse, sarebbero costrette a chiudere o le piccole a fallire in poche settimane.  E non potendo gli istituti di credito investire i soldi depositati farebbero crollare anche il mercato azionario, che è il principale sostenitore dell’economia globale. Infine l’Europa, a cui non potremmo più chiedere non centinaia di miliardi di euro, ma nemmeno un moneta da 50 centesimi.

Lo so benissimo, non ho bisogno di prediche, so delle migliaia di morti, degli ammalati che hanno sofferto e che stanno soffrendo, dei guariti che fanno fatica a riprendersi. So che il Covid è tra noi e ci gode a starci. So che milioni di deficienti non rispettano le norme di sicurezza. So tutto questo.

Ma so alttettanto bene che chi profetizza, con malcelato entusiasmo e palese perfidia, un prossimo lockdown è un incosciente, un egoista, un fallito.

Se ci dovesse essere un prossimo lockdown generale ne usciremmo così poveri, affamati, gli uni contro gli altri, incazzati con il mondo che ci sta intorno, che il virus ci sembrerebbe una caramella. Con le pezze al culo andremmo a cercare un po’ di cibo nel supermercati depredati già prima della chiusura.

Prima di parlare, di seminare panico, di mettere paura, riflettete, anche con un neurone solo, perché non è più tempo di scherzare.