Sono 35.619 i giornalisti italiani che vivono di questa professione. Su 110 mila iscritti all’Ordine (un po’ di pulizia no?).
Nell’ultimo rapporto Osservatorio sul Giornalismo (pubblicato dall’Agcom in collaborazione con Inpgi e Fnsi) e riportato da #TrueNumebers sotto forma di grafico, lo stipendio medio dei 35 mila (nelle rilevazioni rilevazioni del 2000, del 2010 e del 2015) la percentuale di giornalisti che vivono con un reddito annuo al di sotto dei 35.000 euro era nel 2000 del 56%, nel 2010 del 61% e nel 2015 del 66%. Dunque, siamo molto più poveri.
Sono diminuite anche tutte le altre fasce di reddito, già a partire da quelli tra i 35 mila e i 52 mila euro. Negli anni presi in esame si è passati dal 13% al 9% dei giornalisti. L’impoverimento più importante si è registrato tra i 52.001 e i 75 mila euro, il secondo scaglione reddituale più ampio, dove la variazione tra il 2000 e il 2010 è stata del 5%. Nel 2015, i giornalisti con questo reddito erano il 10% del totale. In 15 anni invece i redditi oltre i 95 mila euro hanno subìto poche variazioni. Erano l’8% nel 2000 e sono saliti ad appena al 9% nel 2015.
L’80% dei lavoratori dipendenti supera i 20 mila euro l’anno. Tra i freelance e i subordinati la percentuale è del 23% e del 16%. C’è da dire (come l’Agcom specifica) che in alcuni casi i giornalisti freelance o parasubordinati non svolgono l’attività giornalistica in maniera esclusiva, molto spesso hanno un altro lavoro.
Infine, i dati sulla precentuale delle donne in redazione. Nel 1993 le giornaliste nelle redazioni italiane erano il 26,6%, mentre i giornalisti erano il restante 73,4%. Nel 2015 gli uomini sono calati drasticamente al 58,4% e le donne sono salite al 41,6%.
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