giorgio levi

Dalla parte dei giornalisti coraggiosi. Oggi siamo tutti Federico

Da sinistra Paolo Piacenza, Federico Gervasoni e a destra Andrea Caglieris

Federico Gervasoni è un giornalista di Brescia, con una radice professionale anche a Torino, dove ha frequentato il biennio del master Giorgio Bocca. Gervasoni, che ha 27 anni, è un collaboratore de La Stampa. Il 31 luglio di quest’anno il giornale pubblica, su una intera pagina, una sua clamorosa inchiesta. Il giovane cronista firma un  reportage sulle cene bresciane di ex militanti e simpatizzanti di un’associazione di estrema destra (Avanguardia Nazionale) sciolta per legge nel 1976. Per questa ragione oggi è minacciato di morte.

Questa mattina, ai tradizionali scambi di auguri dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte, il Consiglio ha invitato anche Gervasoni. Volevamo dedicargli l’applauso, che è stato lungo e commosso, e la solidarietà dei giornalisti piemontesi. Gervasoni dal giorno della pubblicazione dell’inchiesta, subisce regolarmente insulti e provocazioni di ogni genere, anche quelli più nefasti e truci.

Ad agosto Gervasoni ha raccontato al Corriere della Sera: “Un anno fa ho letto sul Corriere, edizione di Bergamo, un’inchiesta su Avanguardia Berghem e ho scoperto che esisteva anche una costola bresciana dell’organizzazione, che si riunisce in una trattoria di Brescia. Con appostamenti fuori dal ristorante ho verificato la corrispondenza tra i volti delle fotografie pubblicate sui social dagli stessi commensali e le persone che in quel ristorante ci andavano. Tra loro ci sono anche Kim Borromeo e Danilo Fadini, due esponenti storici di Avanguardia Nazionale, condannati e incarcerati per aver fatto saltare in aria la sede bresciana del Psi il 3 febbraio 1973. Organizzazione neofascista sciolta per legge nel 1976″.

Gervasoni conduce questa inchiesta, come si faceva nel giornalismo di una volta. Lavora sul reportage quasi due anni. E’ scrupoloso nella ricerca delle fonti e della autenticità di quanto scrive. Tuttavia, non tiene conto della reazione violenta di questa estrema destra.

Gervasoni alle prime minacce riceve in pochi giorni la solidarietà del mondo del giornalismo, dall’Associazione Stampa Subalpina al cdr de La Stampa, dalla Fnsi all’Ordine dei giornalisti di Torino, a cui è iscritto. Poi i riflettori dei media si spengono, come capita spesso in queste circostanze. Ma non si placa la reazione violenta.

Oggi Gervasoni è un freelance da 15 euro a pezzo, non ha una redazione che lo protegga, non ha la scorta (anche se gli organi di polizia lo affiancano con controlli regolari), quando esce di casa per fare il suo mestiere non sa mai chi potrà incontrare. E’ durissima essere cronisti con le palle. O con la schiena diritta, come si diceva una volta.

Pubblico questa fotografia, scattata oggi al Circolo della Stampa, per ragioni quasi banali. Prima di tutto questa è la Casa dei giornalisti piemontesi, e dunque è anche la casa di Federico. Nella foto, poi, sono ritratti anche i colleghi Paolo Piacenza (a sinistra) e Andrea Caglieris (a destra). Tutti e tre siamo stati tutor di Federico al master di Torino.

Credo d’interpretare il loro pensiero, e quello dei 7.500 iscritti all’Ordine dei giornalisti del Piemonte, affermando che noi, da oggi, siamo tutti Federico Gervasoni. Qui, a Brescia e ovunque andrà a lavorare. Libero di scrivere, di raccontare, di scavare nelle notizie. E noi con lui.