Questo titolo di Libero è spregevole. Diffonde una notizia falsa, è costruito per mettere paura, incita all’odio razziale, procura allarme, accusa altri di azioni terroristiche. In due righe e un catenaccio c’è tutto quello che serve per verbalizzare una o più denunce, volendo anche di articoli del codice penale. Fin qui ci siamo?
La riproduzione della pagina fa il giro dei social, che sono ormai il tribunale del popolo e che è un po’ come andare al bar e incazzarsi con Ventura che ha perso contro la Spagna. Per dodici ore i più moderati s’indignano, gli altri sputano veleno come serpenti, invocano forche, leggi speciali, censure preventive, sceriffi della rete, manette, galera e chi sbrocca proprio vorrebbe vedere Feltri appeso ad un palo. Like, cuoricini, condivisioni, l’odioso titolo corre da profilo a profilo.
Tuttavia, ci sono una paio di domande. La prima è: dopo l’ondata di furia che accade? Trascorse le canoniche 12 ore di permanenza visibile, Libero scivola nel rullo del dimenticatoio di Facebook. Lo sostituiranno i vaccini, gli arbitri, la Raggi, una foto di Salvini e una di Berlusconi, un’abbaiata di Di Battista.
La seconda domanda è: se il titolo di Libero provoca tanto disgusto, perché nessuno dei disgustati esce da Fecebook, spegne lo smartphone e non entra in una stazione dei carabinieri e compila una regola denuncia?
Perché non invia una mail all’Ordine dei giornalisti (in questo caso della Lombardia) e non denuncia per violazione della deontologia professionale il direttore di Libero Vittorio Feltri? Lo può fare chiunque, non è necessario essere giornalisti, è un atto meno impegnativo di una denuncia penale e può avere effetti sanzionatori molto pesanti sul direttore del giornale.
Forcaioli da tastiera, nient’altro che questo.