giorgio levi

Quando Montanelli venne ferito e Ottone non riportò il suo nome sulla prima pagina del Corriere della Sera. Che cosa scrisse Levi su La Stampa

La scomparsa di Piero Ottone mi ha riportato alla memoria il 2 giugno 1977, quando Indro Montanelli venne ferito in un attentato delle Brigate Rosse. Montanelli era uscito dal Corriere della Sera tra mille polemiche e un astioso contrasto con il direttore di allora che era Piero Ottone. Una ferita tra i due mai rimarginata, Montanelli fondò Il Giornale Nuovo portandosi in redazione buona parte delle migliori firme di via Solferino. Come ammise molti anni dopo lo stesso Ottone.  Il 3 giugno del 1977 (ovvero il giorno dopo il ferimento) Piero Ottone riportò sì la notizia in prima pagina sul Corriere, omettendo però il nome di Montanelli.

La Stampa uscì con un pezzo di spalla a tre colonne e un fondino subordinato senza firma, attribuibile quindi ad Arrigo Levi, allora direttore in via Marenco. Un articolo che ricordo ancora oggi, secco e implacabile. Quello che stupisce è che l’apertura della prima fosse dedicata interamente alla politica e ai tediosissimi accordi tra i partiti di governo. Oggi varrebbe un titolo di apertura e almeno sei pagine all’interno. Un po’ i giornalisti sono migliorati.

MA I GIORNALI NON SI FARANNO INTIMIDIRE (La Stampa 3 giugno 1977)

“Il tentativo d’intimidire la stampa italiana sparando ai direttori di giornali non ha la minima probabilità di produrre un qualsiasi effetto. I giornali continueranno a scrivere quello che pensano e ad informare i loro lettori, senza riserve o prudenze. Nulla cambierà al Secolo XIX, o al Giornale Nuovo, o in nessun altro quotidiano. In passato, con simili atti di terrorismo, o con attentati omicidi, si volle intimidire l’industria, la magistratura, gli avvocati, la polizia. I terroristi riuscirono a fare qualche vittima (ammazzare non è tanto difficile), ma non certo a scuotere la solidità delle istituzioni, e nemmeno a far saltare i nervi di nessuno: certi rischi sono noti e scontati, non da oggi. I terroristi hanno in odio tutta la società italiana. Essi possono, indifferentemente, colpire un giornalista di sinistra o uno di destra, perché sono contro tutti. Ma tutti sono contro di loro. La società appoggia fino in fondo gli organi dello Stato che, applicando la legge democratica, reprimono, con la necessaria durezza, questa violenza estranea. Proprio perché ha l’appoggio delle masse, questa democrazia può difendersi da sola, senza venir meno alle sue stesse regole. Non sta nascendo e non nascerà in Italia nessuno Stato totalitario, nessun regime di polizia. Se questo è l’ultimo disegno dei terroristi, fallirà anch’esso, come sono falliti tutti gli altri. Più violenti che mai, più isolati che mai, essi avanzano disperati lungo una strada che non ha uscite, che porta soltanto alla loro fine” (Archivio storico de La Stampa).

Credits

Il Corriere della Sera