
Emilio Fede è pronto al ciak per un docufilm sulla sua stessa vita. Lo racconta qui in una intervista riportata da Brevenews. Dice Fede: “Io sono l’inviato di guerra vivente con la maggiore esperienza. Ho visto tutto, sono saltato su una mina in Angola, mi sono salvato dall’esplosione di un aereo a Nairobi, correvo in Sud Africa per dare una mano contro l’apartheid, mi hanno arrestato, sono finito ferito. Le ho viste tutte e da tutto questo sono uscito ancora adesso in grado di raccontare. E lo si vuol fare come docufilm. Ma utilizzo anche Instagram come prezioso mezzo di comunicazione”.
Ecco parte dell’intervista.
Direttore, cosa l’ha colpita di più di quello che sta accadendo?
“Io sono rimasto colpito e rimarrò colpito per tutto il resto della vita che mi rimane da giornalista aver visto in una fossa comune una donna che teneva in braccio la figlioletta. Quando la guerra ti propone degli orrori così, non è più una guerra, ma è una strage“.
Come si potrebbe fermare questo conflitto? Si è fatto un’idea?
“Io credo che prima o poi ci si arriverà. Ho sentito anche l’intervento del presidente Berlusconi, che è intervenuto nel coro di coloro che vogliono la pace e che vogliono fermare cannoni e carri armati e scongiurare l’incubo della guerra chimica e nucleare. Siamo in un momento in cui bisogna chinare la testa, pregare per chi crede e poi intervenire ai livelli più alti portando una parola di pace“.
Visto il suo rapporto con Putin, secondo lei Berlusconi avrebbe potuto fare qualcosa prima? E può fare qualcosa adesso?
“Conosce bene Putin e l’ha conosciuto come altri capi di Stato per il dovere e il rispetto che si ha quando si è al governo. Berlusconi è un uomo che si basa da pace, giustizia e fedeltà. Io penso che una carta giusta l’abbia giocata. Non il solo, per carità. A me ha commosso anche il pontefice, solo, stanco, ormai avanti nell’età, che ha chiesto pace, pace, pace. Accodiamoci”.
Come sarà questo docufilm?
“Ci stanno lavorando. Non per presunzione, ma sono il solo giornalista vivente che ha veramente vissuto tutte le più strane e drammatiche situazioni nel mondo. Parlo dell’Africa, del continente africano allargato, della lotta al razzismo: ho vissuto tutto, sono saltato su una mina in Angola, mi sono salvato dall’esplosione di un aereo a Nairobi, correvo in Sud Africa per dare una mano contro l’apartheid, mi hanno arrestato, sono finito ferito. Le ho viste tutte e da tutto questo sono uscito ancora adesso in grado di raccontare. E lo si vuol fare come docufilm. Ma utilizzo anche Instagram come prezioso mezzo di comunicazione”.
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