giorgio levi

Vittorio Feltri, la sua vita in un film su Amazon

Devo dire che non c’è nulla di più lontano da me del giornalismo di Vittorio Feltri. Ma debbo ammettere, con altrettanta onestà, che pochissimi giornalisti italiani scrivono come Vittorio Feltri. Limpido, caustico, comprensibile. Qualità rare singolarmente, ancora di più se mescolate insieme, come solo lui sa fare. Nel giornalismo mi è sempre interessata la qualità, perciò non sottilizzo.

Il direttore editoriale di Libero si racconta nel film Io, Vittorio Feltri, realizzato dallo storico del cinema, scrittore e regista Pino Farinotti. Ho conosciuto Farinotti in un’epoca lontanissima, quando Mondadori aveva completato la sua rete televisiva, a metà del 1982, fondando Retequattro. Io e Carlo Vetrugno arrivammo a Milano da Retequattro di Torino, Pino Farinotti da Video Delta di Bergamo. Ho avuto pochi contatti con Farinotti, ero stato assunto come cronista sportivo, Farinotti si occupava della programmazione dei film. Ma ricordo questo ragazzo di sera, e forse anche di notte, chino sui cataloghi, insieme ad una paio di suoi colleghi romani, che elencava ogni dettaglio dei film che gli scorrevano sotto gli occhi. Una vera enciclopedia.

Ora Farinotti, che in questa circostanza dimostra di essere anche un bravo narratore in video e in voce, racconta la vita di Vittorio Feltri. Un documentario di 50 minuti, che scorre rapido, molto ben girato e montato, dove il direttore di Libero si racconta. L’obiettivo di Farinotti, come lui stesso spiega, era separare il Feltri giornalista, dal Feltri uomo. Obiettivo raggiunto, perché noi spettatori veniamo a scoprire aspetti meno conosciuti, il privato (poco) e una discreta serie di curiosità. Feltri, per dire, ammette di essere un buon bevitore (c’è una scena girata in un ristorante, dove alla fine del pranzo Feltri invece di ordinare un caffè chiede un bicchiere di whisky torbato), ma s’incazza quando gli altri lo definiscono un ubriacone.

Il film è corredato da numerose interviste, quasi tutte dello stesso schieramento politico e giornalistico di Feltri: Michela Brambilla, Francesco Alberoni, Filippo Facci, Paolo Del Debbio, Angelo Stella, Pietro Senaldi, Alessandro Sallusti. A cui si aggiungono alcuni redattori di Libero che, nemmeno a dirlo, sembrano in estasi quando parlano del loro direttore. E vorrei vedere che fosse il contario. Certo, se ci fossero state interviste ad altri giornalisti, di opinioni e schieramenti politici lontani da Feltri, il film sarebbe stato molto più completo.

Da non perdere la stanza – armadio di Feltri, con le sue decine di giacche, abiti, spezzati, centinaia di cravatte e camicie, un milione di paia di scarpe allineate in perfetto ordine, anche per sfumature di colore. Un capolavoro. Pagherei per averne una simile.

Il film è anche un’occasione per ricordare Andrea Pinketts, amico di Feltri e di Farinotti, e il regista algerino Rachid Benhadj, autore di Matares.

Divertente infine il siparietto con l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini (quello dalla foto in mutande) che chiacchiera spiritosamente con Feltri, entrambi seduti su un divano strettissimo, in casa del direttore.

Un film da vedere, comunque la si pensi.

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