giorgio levi

Cairo ottimista sul futuro dell’editoria: “Tenere la carta, far salire l’online”

Il numero uno di Rcs Urbano Cairo è ottimista sul futuro dell’editoria. Questa è l’intervista rilasciata qui a Simone Filippetti de Il Sole 24 Ore.

Il mondo dell’editoria viene da 10 anni di crisi. E ora è arrivata pure la peggiore crisi dal Dopoguerra. Come se nesce?
“L’editoria italiana ha retto il colpo e ha reagito bene. La pandemia ha colpito duramente l’economia, ma ha anche accelerato il passaggio al digitale nel mondo della carta stampata. Il paese si è improvvisamente fermato. Ora c’è un rimbalzo: la nostra tv LA7 ha perso il 13% di ricavi pubblicitari, pari a 11 milioni di euro, ma tra luglio e settembre ha recuperato quasi un terzo. Ha fatto un ottimo luglio e in un mercato che è caduto del 22% si è fermata a -13%”.

La pubblicità non è solo «raccolta». È un termometro dei consumi e dunque dell’economia: cosa prevede per l’Italia?
“Se la situazione rimane stabile, vedo una ripresa graduale nel 2021. La pubblicità per La7 cresce a doppia cifra e anche il mese di ottobre, sul quale per la tv abbiamo già visibilità, sarà in recupero. Nel terzo trimestre, il bilancio di Rcs è stato buono”.

La gente è rimasta attaccata a tv e internet durante la quarantena, ma questo non si è tradotto in più consumi, né in maggiori investimenti pubblicitari.
“I consumi si sono spostati su Internet, mentre alcuni settori tradizionali, alimentare, in particolare, hanno tenuto. La pubblicità online da gennaio a settembre è balzata del 32%, e per Rcs vale oggi quasi la metà della raccolta, il 41%”.

Basterà l’online a salvare i giornali dalla profezia del 2043, ultimo anno della carta?
“La carta sarà ancora molto forte, ma l’industria dei media tradizionali si sposterà sempre più verso il digitale: il modello è il New York Times dove ormai i ricavi digitali hanno superato quelli cartacei. Quando sono arrivato sul timone di Rcs, dopo una scalata, il gruppo perdeva 260 milioni. Negli ultimi quattro anni, ha fatto in media 75 milioni di utili all’anno. Due sono gli ingredienti della ricetta per salvare i giornali: efficienza e offerta. Il Corriere ha risparmiato sui costi, senza licenziare nessuno anzi assumendo giovani; e ha migliorato la sua offerta, abbinando contenuti interessanti e autorevolezza. Così abbiamo mantenuto un buon livello di copie mentre è aumentato il digitale. Questa è la strada: tenere sulla carta, far salire l’online”.

Per ora, però, la Borsa non sembra apprezzare la ricetta. Da inizio dell’anno Rcs ha perso il 50% e la holding Cairo Communication a Piazza Affari vale meno della quota che ha in Rcs.
“Vero. Ed è per quello che ho comprato quest’anno 740mila azioni della Cairo Communication: a questi prezzi è un affare e ci credo. Dentro la holding ci sono La7 che sta andando meglio dei concorrenti; il Mux, la piattaforma tecnologica del digitale terrestre; la concessionaria pubblicitaria; e appunto la quota di Rcs. La Borsa ora non ci gratifica, ma lo farà”.

Dentro la Cairo Communication c’è anche e soprattutto la Cairo Editore che pubblica periodici, che sono il grande malato dell’editoria. La Mondadori, per esempio, ha venduto testate per concentrarsi sui libri.
“Non è una verità assoluta che i periodici siano un problema. La Cairo Editore ha perso il 10% di fatturato con il Covid eppure i suoi margini sono rimati stabili. Perché i costi sono stati ridotti di più del calo della pubblicità”.

Come vede il mondo dei giornali in Italia da qui a 5 anni?
“Ci sarà una selezione naturale di testate: alcuni andranno bene, altri faranno fatica a sopravvivere”.

E in questa futura selezione darwiniana, Rcs sarà preda o predatore?
“La parola «predatore» non è corretta. Però Rcs è disponibile a essere «calamita» per altri giornali che vorranno il nostro aiuto. Con Rcs abbiamo dimostrato che siamo in grado di saper risanare le aziende editoriali. Da zero ho costruito la Cairo Editore che è diventata la prima casa editrice in Italia per vendite di periodici”.

Intanto, però, su Rcs incombe la grana Blackstone per la sede del Corriere della Sera. A maggio, lei ha esultato per il Lodo, però l’immobile è rimasto agli americani.
“Non voglio commentare più il caso. C’è stata una prima sentenza, non definitiva: noi riteniamo di aver ragione. Aspettiamo la perizia della prossima estate. Quando ero solo azionista di minoranza di Rcs, fui scandalizzato per il prezzo di vendita del palazzo, tanto che scrissi una lettera all’allora presidente Angelo Provasoli”.

Credits

Il Sole 24 Ore