Qualche mistero c’è sempre. Ora che il governo ha cancellato i contributi pubblici all’editoria, mettendo a rischio migliaia di posto di lavoro, tra giornalisti e indotto all’editoria , soprattutto nel settore delle cooperative (circa 10 mila lavoratori), si cominciano a fare i conti con le testate più rilevanti che hanno portato a casa finanziamenti d’oro. Il tutto in un panorama editoriale complicatissimo, dove per incassare i soldi dello Stato, s’inventano le più improbabili scappatoie.
Il sito specializzato DataMediaHub, diretto da Pierluca Santoro, ha fatto un po’ conti. Le cifre che ne derivano sono sorprendenti. Il Foglio (diretto prima da Giuliano Ferrara e oggi da Claudio Cerasa) ha incassato dallo Stato in 20 anni 54.130.802 euro.
Il Secolo d’Italia, fuori dalla edicole dal 2012, oggi in sola versione online, nel 2017 ha preso 613.403 euro, destinati ai costi della stampa su carta. E’ un vero peccato che il giornale da 7 anni pubblichi notizie esclusivamente su internet.
Questi naturalmente sono soltanto due dei casi più clamorosi. Ma non è solo questione di denaro. Il Foglio, per dire, non ha mai comunicato i dati di vendita del giornale. Quello diffusionale, che significa ben poco, parla di 25 mila copie al giorno. La domanda però è: come ha fatto Il Foglio a chiudersi in cassaforte questa montagna di quattrini pubblici? Con una serie di escamotage, assolutamente legali, dichiarò a suo tempo Giuliano Ferrara e come si può leggere qui in modo dettagliato.
Un caso, non l’unico per la verità, davvero spinoso. De Il Foglio non esistono nemmeno i dati di accesso all’edizione su il web. Alla fine, DataMediaHub commenta: “Sarebbe interessante capire su che basi siano stati erogati i fondi in assenza di dati”.
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