Vanno bene i conti di Gedi (La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, L’Espresso e una decina di quotidiani locali), ma non indicano ancora che c’è un’uscita chiara dalla crisi. Il maggiore editore di quotidiani in Italia ha chiuso il 2018 con un fatturato di circa 648 milioni di euro contro i circa 615 del 2017. Ieri il cda del Gruppo, presieduto da Marco De Benedetti.
Il fatturato indica risultati positivi del 2018 rispetto al 2017. Ma tutto dipende da come si osservano i conti. Cioè dal cosiddetto perimetro equivalente, ovvero da prima e dopo l’acquisizione di Itedi, la società proprietaria della Stampa fino al 27 giugno 2017. Confine del quale anche nel bilancio dello scorso anno Gedi ha dovuto tenere conto. (Itedi è entrata in Gedi il 1° luglio 2017)
I numeri prima e dopo il perimetro sono diversi, ovviamente. I ricavi consolidati a 648,7 milioni hanno registrato una crescita del 5,3% rispetto al 2017 (-5,9% a perimetro equivalente). Tuttavia, i ricavi derivanti dalle attività digitali rappresentano complessivamente il 12,2% del fatturato consolidato ed i prodotti digitali delle diverse testate del Gruppo hanno superato a fine 2018 i 113 mila abbonati.
I ricavi diffusionali, pari a 284,6 milioni sono aumentati dell’8,3% rispetto a quelli dell’esercizio precedente e risultano in flessione dell’8,1% a pari perimetro. “in un mercato, si legge nella relazione, che ha continuato a registrare una significativa riduzione delle diffusioni dei quotidiani”.
I ricavi pubblicitari, pari a 318 milioni sono cresciuti del 4,9% rispetto al 2017 e risultano in flessione del 2,9% a perimetro equivalente.
La raccolta su radio (qui non c’è inclusione di Itedi) è cresciuta del 5,5%, confermando l’evoluzione positiva già riscontrata nel precedente esercizio.
Positivi invece prima e dopo acquisizione di Itedi i risultati della raccolta su internet, che ha mostrato una crescita dell’11,0% (+3,1% a perimetro equivalente).
E’ negativa nel perimetro la raccolta su stampa che ha registrato un aumento del 3,2%, ma -8,1% a perimetro equivalente.
Tra i molti indicatori (il bilancio per intero è in .pdf scaricabile qui sotto) c’è ancora da tenere conto del margine operativo lordo che è stato pari a 33,1 milioni (52,8 nel 2017), includendo oneri per ristrutturazioni e altre componenti non ordinare pari complessivamente a 18,7 milioni (4,6 milioni nell’esercizio precedente). Scrive la nota Gedi: “Tali oneri derivano per 17,6 milioni dagli accordi collettivi sottoscritti a fine 2018 per la riorganizzazione delle redazioni delle testate La Repubblica e L’Espresso che comporterà già nel 2019 importanti benefici sul costo del lavoro giornalistico. Di tali oneri, circa il 50% sono relativi ad uscite già concordate nei primi mesi del 2019 ed il restante 50% si riferisce a previsioni di uscite future. Al netto di tali effetti, il margine operativo lordo rettificato ammonta a 51,7 milioni e si confronta con i 57,4 milioni dell’esercizio 2017″.
Già, il costo del lavoro giornalistico. Qui il bilancio tiene conto sugli oneri della riorganizzazione di Repubblica e L’Espresso, cioè dei prepensionamenti, che non sono ancora finiti e che in ogni caso vanno a pesare sui conti di Inpgi (ma questa è un’altra delicatissima questione). Ora Gedi dovrebbe mettere mano ad una significativa ristrutturazione della Stampa, con altri costi. Ma come dice la nota di bilancio “con effetti positivi sul costo del lavoro giornalistico”. E questo è tutto da verificare. Che cosa dice l’analisi costi-benefici? Molto dipenderà dagli accordi aziendali sulle uscite e sulle entrate. E se questi vengono oggi e verranno rispettati domani. Per ora un capitolo non chiaro.
Tutto questo, come annota Gedi, in un mercato ancora fortemente in crisi: “Nel 2018 la pubblicità ha mostrato una sostanziale stabilità (-0,2%) rispetto all’esercizio precedente (dati Nielsen Media Research). Tutti i principali mezzi, ad eccezione della stampa, hanno registrato un andamento positivo. La radio ha conseguito una raccolta in crescita del 5,5%, confermando il trend in atto dal 2015, internet, esclusi search e social, ha registrato un incremento del 4,5% e la televisione dello 0,6%. Per contro, la raccolta sulla stampa ha subito nuovamente un calo del 7,0%, con i quotidiani al -6,2% (-4,9% la raccolta nazionale e -7,4% quella locale) ed i periodici al -8,2%. Quanto alla diffusione dei quotidiani nel 2018, secondo i dati Ads (Accertamento Diffusione Stampa), è stata registrata una flessione delle vendite in edicola ed in abbonamento del 7,4% (-8,3% i quotidiani nazionali e -6,8% i quotidiani locali). Includendo anche le copie digitali, la diffusione complessiva dei quotidiani si attesta al -5,7%”.
Insomma, più luci che ombre. Qualche buon indicatore in questo bilancio c’è. Tuttavia, non è pessimistico dire che il 2019 non sarà ancora l’anno della svolta. E questo almeno fino a quando il piano delle ristrutturazioni redazionali non sarà completato in tutti i giornali del gruppo. Solo allora, e con un piano industriale complessivo e chiaro, mai presentato fino ad oggi, sarà possibile dire che ruolo avrà questo gruppo nel mercato editoriale in Europa. E se sarà appetibile, come spesso si è detto in questi due anni, per altri editori europei (tedeschi e francesi), che hanno già mostrato, con altre società del mondo della comunicazione multimediale, in via del tutto informale, interesse per il gruppo della famiglia De Benedetti.
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