giorgio levi

Puri e impuri, altra fesseria del M5S. Comincia male il 2019 dell’editoria

Jeff Bezos, proprietario del Washington Post, il più impuro degli editori

Svolgo la professione del giornalista da più di 40 anni. Ho lavorato, regolarmente assunto e pagato, in almeno 15 testate. Ho avuto editori microscopici, medi e grandi. A volte editori, a volte padroni. Ma mai editori puri, nessuno che avesse come unico interesse commerciale, economico e finanziario la propria casa editrice. Tutti indistintamente impuri. Chi con imprese industriali diverse da quella di editore, chi con capitali impegnati nelle finanza derivanti da altre attività. Ho avuto persino come editore uno che vendeva candele per auto.

Ho sfiorato l’ultimo editore puro quando Mario Formenton era a capo della Arnoldo Mondadori Editore negli anni Ottanta, prima che l’allora più grande casa editrice d’Italia venisse ceduta alla famiglia Berlusconi. Poi sono transitato da un giornale all’altro navigando nella più totale impurità. Qualche battaglia sindacale a Milano in principio l’ho anche fatta, gli editori impuri erano il diavolo. Invocavamo il ritorno alla purezza editoriale, che era una stupidissima chimera, perché la storia del giornalismo in Italia nel Novecento annovera raramente modelli d’impresa editoriale pura.

L’ingenuità era giustificata dal fatto che eravamo negli Settanta e Ottanta, non nel 2019. Cioè nell’esatto momento in cui le imprese editoriali navigavano con il vento in poppa, i giornali vendevano a pacchi e la pubblicità generava profitti a palate. Un mondo diversissimo dal nostro. L’idea del M5S di favorire, non si sa con che mezzi finanziari, gli editori puri è perciò una fesseria gigante. Un progetto che sarebbe andato bene 50 anni fa, non oggi. La cancellazione progressiva dei finanziamenti pubblici all’editoria è una sciocchezza propagandistica, nata anni fa tra i grillini quando erano convinti che i cosiddetti giornaloni fondassero la loro presunta ricchezza sul denaro pubblico. Ora tutti sappiamo che non è così, ma l’incompetenza, e il non ammettere la propria ignoranza, prevale e il maxiemendamento si è portato con sè un provvedimento che colpirà cooperative ed editori no profit, che di sicuro non sono editori puri.

Salvini, che si è venduto a Di Maio anche in questa circostanza, assicura che verrà creato un fondo da destinare a chi farà dell’editoria la propria principale attività. Un fondo di quanto? A chi andranno i quattrini? A chi dimostrerà di essere un editore puro? O anche al fornaio di Rocca Cannuccia che finanzia, con sacrifici suoi, il settimanale locale che piace tanto ai lettori?

Jeff Bezos è il fondatore e proprietario di Amazon. Nel 2013, per 250 milioni di dollari, si è comprato il Washington Post. Bezos è tutto, fuorché puro. Il Washington Post è una puttanata di giornale o conserva il prestigio che il mondo gli riconosce? Grillo, Di Maio e gli urlatori del nulla del M5S dovrebbero studiarsi la storia con molta umiltà. L’autorevolezza di un giornale non la certifica l’editore, ma il giornalista che lo dirige. E’ lui che può essere puro o impuro.

Il 2019 comincia sotto i peggiori auspici editoriali. Questa classe politica dovrebbe fermarsi e riflettere. Anche sulle proprie vicende. Ha ragione il direttore dell’Avvenire Marco Tarquinio quando, rispondendo a Salvini che trovava esagerati i 9 milioni di euro al giornale dei vescovi, dice: “Prima di parlare Salvini restituisca i 49 milioni che la Lega deve allo Stato, non spalmati in comodi 76 anni”.