L’ultima volta che avevo sentito parlare esplicitamente di padroni come editori di giornali era stato nel 1989, quando uscì il magnifico saggio di Giorgio Bocca Il padrone in redazione. Poi non è che i padroni fossero scomparsi è che un po’ alla volta quel vocabolo ha perso per strada la sua storia. Di padroni non si è più parlato. Dal sindacato in giù si dice: editori. Poi, molti sono dei filibustieri, che manovrano la macchina a loro piacimento. E spesso a danno dei loro stessi giornalisti.
Lo dico, perché da consigliere dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte ne ho visti tanti, in questi miei due mandati, e di ogni colore. Editori improvvisati, mentitori, furbetti da quartierino. Un giorno racconterò. Intanto sono piacevolmente sorpreso dalla definizione che Monica Andolfatto, segretario del Sindacato giornalisti del Veneto, ha fatto a proposito della vicenda degli 8 colleghi del Messaggero di Sant’Antonio (forse la rivista cattolica più famosa e diffusa del mondo) il cui licenziamento in tronco è stato annunciato l’altro giorno dai frati delle Basilica e del quale si sono occupati numerosi quotidiani.
Andolfatto ha detto: “I frati della basilica di Sant’Antonio si sono dimostrati fra i peggiori padroni editoriali con cui il Sindacato si sia mai interfacciato. Nessun margine di trattativa, nessuna possibilità di confronto. Nulla».
Farabutti è il vocabolo giusto, anche se frati, anche se costretti a stringere i cordoni della borsa. E’ infantile invocare la carità cristiana, questi si comportano con l’arroganza di un padrone del secolo scorso. Perché hanno pure dichiarato che la rivista continuerà ad uscire anche senza i suoi redattori.
Inquisizione, prego.
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