Quando vedo la signora Maria Elisabetta Alberti Casellati Mazzanti Vien Dal Mare penso subito al suo parrucchiere. Che tipo sarà questo coiffeur proiettato con la macchina del tempo dagli anni Cinquanta ai giorni nostri? Un ometto alto, azzimato, magro, vestito di nero, con i baffetti. Me lo vedo nel suo salone milanese tutto specchi e cornici dorate e camelie sparse su ogni ripiano.
M’immagino che un giorno abbia chiesto alla presidente del Senato: “Diamo un taglio ai capelli Maria Elisabetta?”. E lei sia svenuta, e vedo solerti parrucchierine accorrere con i sali rosa dell’Himalya e lui, il signor Coiffeur, che le dava buffetti sulle guance: “Scherzavo signora Maria Elisabetta! Suvvia, era un giuoco (parla come Berlusconi, ndr). Facciamo la solita criniera da leonessa?”.
Mi piace abbastanza però, la cotonata Casellati. L’altro giorno ha scritto persino una cosa giusta in un messaggio all’Uspi: “La necessaria attività di razionalizzazione della spesa pubblica non può, a mio parere, prevedere misure restrittive dei contributi all’editoria che finirebbero per pregiudicare l’esercizio della professione giornalistica. Gravi sarebbero le conseguenze non solo sull’occupazione, e in particolare nel segmento delle testate dell’informazione locale e di nicchia, ma soprattutto su quel pluralismo della stampa e dell’editoria che è principio cardine della nostra democrazia”.
Ciapa lì. Di Maio è sintonizzato? Altroché tagliare. Nè in fondi per l’editoria, nè i capelli della Casellati. Jamais.
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