Quando diventano questioni di principio il M5S non sente ragioni. E con questo dimostra il suo infantilismo di fondo e la sua grande debolezza politica. Il caso Casalino ha innescato la miccia e ora Di Maio è pronto a dare fuoco alle polveri: “L’abolizione dell’Ordine dei giornalisti è sul tavolo del governo”.
Il tavolo del governo deve essere piuttosto largo per contenere tutte le priorità all’ordine del giorno e forse l’abolizione dell’Ordine non è di tra le prime. Ci sono questioni economiche finanziarie gravissime che potrebbero mettere la Stato in ginocchio, l’esistenza di un ordine professionale sarà l’ultimo punto da discutere. Amesso che questo governo arrivi fin lì, potrebbe sciogliersi molto prima e tutto resterà com’è adesso. E ad ogni buon conto Salvini non si esprime e forse non considera il tema di così primaria importanza. Perciò anche l’abolizione dell’Ordine appare come uno dei tanti slogan che i 5S utilizzano per strombazzare i loro programmi politici, che quasi sempre non stanno in piedi.
Quasi certamente nessuno lo abolirà, nè oggi, nè domani. Se accadesse migliaia di persone resterebbero senza lavoro (oggi senza il tesserino in tasca nessun editore ti fa lavorare), crollerebbe l’Istituto di previdenza dei giornalisti che verrebbe (forse) assorbito dall’Inps con gravi conseguenze per l’uno e per l’altro ente previdenziale. L’abolizione della legge sull’Ordine non la decide il governo, ma va discussa in Parlamento, dove alla conta dei numeri è molto probabile che il M5S non abbia la maggioranza.
L’Ordine può essere abolito o riformato, quello che è certo è che non può essere il frutto un ricatto politico.