giorgio levi

Vito Crimi: “E’ finita la pacchia”. E progetta una Netflix dell’editoria

All’appello mancava solo lui, il sottosegretario Vito Crimi, già autore di numerose e fantasiose dichiarazioni. Questa volta corre a sostenere il secondo vicepremier Di Maio, a sua volta avversario incallito della cosidetta informazione dei predatori.

Crimi annuncia che “è finita la pacchia”. E parte bene: “Occorre ridistribuire la pubblicità tra tv e carta stampata. Noi non siamo contro i giornali per partito preso. Penso però che si possano introdurre dei tetti pubblicitari”. Per farne che? “Per sostenere gli introiti dei giornali”.

La faccenda è un po’ contorta, ma spiega Crimi che si può fare “tagliando i finanziamenti pubblici, intervenendo sul contributo dello 0,1% come detto e verificando che l’extra-gettito derivante dal canone Rai sia davvero confluito nel Fondo. Inoltre vanno aggiustate le distorsioni, visto che circa il 30 per cento dei fondi va a 4-5 testate. Andrà individuato un tetto e modificate le modalità di erogazione. Ad esempio, si può cominciare garantendo il 50 per cento di quanto dovuto e poi di anno in anno verificare. Vogliamo realizzare anche in questo settore quanto fatto con l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti”.

E poi la soluzione: “Sto proponendo agli editori una piattaforma tecnologica che  permetta al costo di un abbonamento la lettura di tutti i giornali. Sarebbe una Netflix dell’editoria”.

A parte la visione bambinesca (che hanno quasi tutti i componenti di questo governo) del complesso sistema dell’informazione italiano, Crimi semplifica il funzionamento della macchina, togliendo da una parte (tv) a favore di un’altra (giornali), che però non avranno più finanziamenti pubblici. E allora chi se ne giova?

E soprattutto Crimi dimentica che leggi e normative già esistono e che impongono tetti e controtetti alla raccolta pubblicitaria. E  che i fondi pubblici all’editoria riguardano testate di piccolo cabotaggio. I grandi quotidiani non ne ricevono da tempo. Salvo usufruire di alcune agevolazioni fiscali di limitata portata.

Così, a Crimi risponde Giancarlo Leone, presidente dell’Associazione produttori televisivi: “Si torna a parlare di tetti alla pubblicità in televisione. Esistono già vincoli precisi con i limiti di affollamento per broadcaster privati e pubblici. Un ulteriore tetto produrrebbe l’effetto di deprimere l’intero settore dell’audiovisivo con seri danni per la produzione”.

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Adn Kronos