giorgio levi

C’è un progetto di Confindustria per far fallire il Sole 24 Ore e poi ripartire da zero, ripuliti dai debiti, e con giornalisti assunti a metà stipendio?

Franco Moscetti, ad Il Sole 24 Ore

Ipotesi suggestiva, ma imprecisa. Forse praticabile, ma con risvolti politici negativi imprevedibili. Spunta l’idea di far fallire Il Sole 24 Ore per poi ripartire da zero con giornalisti assunti a metà stipendio. Su Lettera43 l’indagine di Occhio di Lince all’interno della crisi del quotidiano degli industriali. Buona lettura.

CONFINDUSTRIA SPECCHIO DEL PAESE. Sono ormai lontani i tempi in cui a capo degli industriali c’era gente del calibro di Gianni Agnelli o Vittorio Merloni, veri capitani d’industria. Oggi la Confindustria riflette il declino del Paese e l’irrilevanza di quelli che una volta, pomposamente, si chiamavano “corpi intermedi”. D’altronde ho visto salire sul palco a parlare, in qualità di presidente, un imprenditore che guida un’aziendina da appena 70 milioni di fatturato e lavora per lo più con le commesse dello Stato. Vabbè, signora mia. Questi sono i tempi, questo quel (poco) che ci è dato. E dal palco Vincenzo Boccia ha lanciato un messaggio epocale: «Imprese forti fanno un Paese forte». Monsieur De Lapalisse non avrebbe saputo fare meglio. Ma alla vostra Lince veniva da ridere: parla di imprese forti Confindustria che è riuscita a far fallire l’unica azienda che aveva, e pure bella robusta, il Sole 24 Ore.

IL BUBBONE DEL SOLE 24 ORE. Il bubbone del giornale salmonato e lenzuolato (ma quando si sbrigheranno a rimpicciolirlo come hanno fatto tutti gli altri?) è scoppiato esattamente un anno fa, con l’arrivo di Gabriele Del Torchio, manager con fama di duro, ex Ducati ed ex Alitalia. Il 65enne varesotto scoperchia il vaso di Pandora e scopre di tutto. Numeri gonfiati per anni, sulla spinta di entusiastici articoli di auto propaganda, e un fiume di sprechi hanno creato un buco da 60 milioni. A giugno dell’anno scorso il Sole si scopre in dissesto, sul punto di fallire. Urgono soldi, e subito.

E qui, cari amici, inizia lo psicodramma di Confindustria: a Viale dell’Astronomia non sanno che pesci pigliare, ma soprattutto non sanno fare gli editori di giornali. E Boccia, arrivato nel maggio 2016, si è ritrovato in mano una patata bollente mica da poco, un disastro economico e di immagine. Però una cosa la capiscono: per un’associazione che conta sempre meno e perde pezzi (dopo l’uscita clamorosa delIa Fiat) perdere anche il giornale equivarrebbe al suicidio. Ma di soldi per risanarlo ce ne sono pochi e non bastano. Confindustria dovrebbe dunque vendere, scelta più logica, ma nessuno lo vuole fare.

L’AZIONISTA TIRA A CAMPARE. E allora inizia un classico dell’Italia: la non-gestione, il rinvio, la non-decisione. Da un anno Viale dell’Astronomia fa l’azionista balneare, come i governi Rumor della Dc negli Anni 70. Si tira a campare. Per cercare di salvare capra e cavoli: trovare un socio per il giornale, ma che sia amico, che garantisca a Confindustria il controllo anche quando sarà uscita o finita in minoranza. Peccato che bisogna fare i conti con la procura di Milano: i magistrati hanno messo sotto indagine il giornale e gli ex manager. E se non si ripiana per bene il buco, il tribunale può chiedere il fallimento.

UNA IDEA MALSANA. E allora ecco che un’idea malsana e pericolosa si affaccia: a qualcuno potrebbe non dispiacere lo scenario della catastrofe. Il piano diabolico sarebbe quello di vedersi costretti a portare i libri in tribunale (cosa che l’amministratore delegato Franco Moscetti ripete un giorno sì e l’altro pure), e tutto viene azzerato. Si presenta poi un investitore, magari vicino a Boccia & Co., che rileva il giornale a un euro senza più debiti, ripulito. E riassume i giornalisti a metà stipendio e con gli sgravi. Un colpo da maestri. Confindustria salverebbe comunque la faccia perché potrà sempre scaricare la colpa sui magistrati comunisti sporchi e cattivi (ricordate il caso Ilva?) e dire di avere messo tutti i soldi che aveva, ma che sfortunatamente non sono bastati.

Lo stesso Moscetti, il manager che preso il osto di Del Torchio, lo dice ai quattro venti e figuratevi se la cosa non è giunta all’orecchio del vostro Occhio di Lince. Insomma, c’è chi gioca a volere far fallire il giornale. Ma non si capisce se lo faccia apposta per alimentare la faida. Sta di fatto che l’uomo dall’udito fine, a cui ovviamente non passa nemmeno per la testa di essere ricordato come il manager che fece fallire il Sole, è ormai il dominus incontrastato del giornale. Con l’interinale direttore Guido Gentili, che sembra il protagonista del romanzo di Italo Calvino, Moscetti è diventato il padrone. E difficilmente, conoscendolo, mollerà la presa.

SCURE SULLE SEDI ESTERE. Infatti, zitto zitto, l’amministratore delegato ne ha messa a segno un’altra delle sue. Ma Lince l’ha sgamato ugualmente: ha chiuso ben quattro sedi di corrispondenza. Il Sole 24 Ore lascia Londra, Parigi, Pechino e Tokyo. Un terremoto, un duro colpo per il giornale. Ma soprattutto Moscetti farà rientrare in Italia la corrispondente dalla Cina, la potente Rita Fatiguso, molto stimata dall’ex presidente Giorgio Squinzi e incoronata corrispondente addirittura dall’ex sindaco di Milano Giuliano Pisapia il quale, celebrando il di lei matrimonio, durante la funzione annunciò la sua nomina a Pechino prima ancora che lo facesse il giornale (e Occhio lo sa perché ovviamente a suo tempo si era intrufolato anche a quel matrimonio).

TRENTA MILIONI? NOCCIOLINE. Pochi mesi fa Moscetti aveva vinto un braccio di ferro anche con il decano Mario Platero, per 30 anni corrispondente a New York, uno dei giornalisti più potenti del Sole (tanto che al Sole girava la frase “i direttori passano, Platero resta”), unico italiano ammesso all’esclusivo Racquet Club e amico personale di Nancy Pelosi, la madrina della lobby degli italoamericani negli Stati Uniti. E mentre Moscetti disbosca, Confindustria si prepara a salvare. Oddio, salvare è un parolone, amici: gli industriali ci metteranno 30 milioni, meno della metà di quanto hanno incassato coi dividendi negli anni delle vacche grasse. Non basteranno nemmeno a coprire il buco (40 milioni di patrimonio negativo nei soli primi tre mesi dell’anno). Fallimento o salvataggio per il Sole 24 Ore? Non temete, cari e affezionati lettori, appena Lince saprà qualcosa vi aggiornerà.

Credits

Lettera43