
Una storica immagine della redazione de l’Epresso con Eugenio Scalfari e vicino a lui si distingue Alberto Moravia
Uno può metterla come gli pare, e il direttore dell’Espresso Tommaso Cerno è sincero quando annuncia il lancio (domenica 26 febbraio) di una nuova versione del settimanale: “E ‘ un nuovo inizio, perché la nostra storia è il nostro futuro”. Fa persino un po’ tenerezza. Resta tuttavia il fatto che l’Espresso è ormai ridotto ad un supplementino domenicale di Repubblica, nemmeno l’ombra di quello che fu il magazine più letto, più agguerrito, più battagliero della storia del giornalismo italiano. Primato che condivideva con Panorama, altra leggenda della carta stampata, prima di ridursi ad houseorgan della famiglia Berlusconi.
Fondato da Arrigo Benedetti ed Eugenio Scalfari nel 1955, più di sessant’anni di gloria. Poi la solita crisi, forse l’indifferenza per un giornale che aveva perso gran parte del suo appeal, la paura della rete, la perdita di lettori e di copie, alla fine dal 7 agosto scorso l’Espresso è di fatto diventato un supplemento di Repubblica. All’inizio si era detto che sarebbe stato così solo per il periodo estivo e che poi sarebbe tornato autonomamente in edicola. Ma ormai abbiamo imparato che questa è la formula base che gli editori recitano a memoria quando è ora di affossare un giornale. Vedremo domenica come si presenta.
Certo quell’altro Espresso non tonerà più, contavo i giorni all’uscita in edicola, e la mattina ero già lì presto con il mio giornale preferito sotto il braccio.