giorgio levi

Come sarà il 2023 del Times. “C’era un tempo sognato che bisognava sognare”. Il nostro non è ancora finito

Dicono che c’è un tempo per seminare
E uno più lungo per aspettare
Io dico che c’era un tempo sognato
Che bisognava sognare
“.

E’ l’ultimo verso di una una meravigliosa canzone di Ivano Fossati, una delle sue ultime, prima dell’uscita di scena. L’ho rubato perché rappresenta esattamente il concetto di tempo e di sogno. I due mattoni su cui avevo costruito 12 anni fa questo blog. Un sito molto particolare, dedicato ad un unico tema: il giornalismo. Con l’obiettivo di raccontare quello che accade nel mondo dell’informazione. I retroscena delle grandi operazioni editoriali, i movimenti redazionali, le acquisizioni, le battaglie sindacali, gli scazzi, i successi, le vendite dei giornali, i rumors, le anticipazioni. Ogni notizia verificata, in fondo ad ogni post sempre il riferimento alla sua origine.

Dopo quasi 40 anni di lavoro, e finalmente libero da legami contrattuali, mi ero fatto una domanda che partiva dal presupposto che nelle redazioni dei giornali tutti sanno tutto e nessuno mai parla. Le notizie che riguardano quel mondo non circolano, si sussurranno, tutti sanno e tutti stanno zitti. E siccome non sono mai stato un tipo da tacere (nel lavoro naturalmente, per il resto sono riservatissimo) mi sono chiesto: perché non farlo io, perché non raccontare verità anche scomode, perché non informare gli altri di quello che io so e la cui attendibilità ho verificato?

Così è nato questo blog, incentrato soprattutto sull’editoria di Milano e Torino, le due città dove ho trascorso i miei anni di lavoro. Città dove ho trovato anche buoni informatori, colleghi coscienziosi, ma anche manager o semplici impiegati che mi raccontavano quello che accade dietro le porte chiuse. In questi anni ho informato quotidianamente i lettori, in certi periodi anche con più post al giorno. Sono aumentati i fedelissimi e qualche centinaio di abbonati, che a titolo gratuito ricevono una newsletter sui pezzi che scrivo.

Insomma, quando il mondo dei blog si avviava al tramonto travolto dai social, io ho voluto andare controcorrente e rafforzare l’informazione proprio su questo sito, che anche attraverso il collegamento con Twitter e Facebook (ormai imprescindibili per chiunque voglia stare in rete) è cresciuto nel consenso e anche nelle incazzature di alcuni che non sopportano che sveli troppe cose sui giornali che ho frequentato. La solita mafietta, niente di nuovo, con i suoi scatti di nervi, che sputa veleno sui colleghi, ma guai se quel veleno sborda fuori dal recinto delle scrivanie redazionali. Che finge d’ignorare ciò che scrivo. In fondo, io sono sempre stato il Levi incazzato, invidioso, malmostoso. Li conosco quei sorrisetti di certi colleghi. E’ un mondo fatto così, ma proprio in questo mondo ho trovato chi parlava, chi era incredulo per ciò che accadeva, chi era preoccupato per il suo futuro. E le loro voci sono diventate le mie notizie.

Ecco, è stato un “tempo sognato che bisognava sognare”. Credo di averlo fatto al meglio delle mie possibilità.

Tuttavia, il mondo dell’informazione in questi anni è cambiato, come nessuno avrebbe mai immaginato. Raccontarlo oggi, per l’enormità della rivoluzione che lo ha investito, è diventato difficilissimo. A me non piace arrampicarmi sui vetri e nemmeno cazzeggiare alla maniera dei social, che ormai sono il bagno di servizio della rete. Se ho una buona notizia, ma sono sempre più rare, la scrivo. In questi anni sono entrati altri blog che scavano negli stessi cunicoli, più organizzati, più strutturati, anche più informati. Assai meno feroci del mio, questo è certo,

Nella testatina de Il Times c’è scritto: c’è una vita da vivere, ci sono biciclette da inforcare, marciapiedi da passeggiare e tramonti da godere. La natura insomma ci chiama, egregio Editore, e noi seguiamo il suo appello. (Cesare Pavese a Giulio Einaudi, 14 aprile 1942).

Ogni post che scrivo si fonda, come detto, su fonti certe, mie personali o derivate da altri siti o giornali o agenzie stampa ben riconoscibili. Con la stessa pignoleria che ho usato in ogni redazione dove ho lavorato. In questo mondo tanto cambiato e mutevole cercherò ancora di scavare. Magari con minore frequenza. Ho anch’io biciclette da inforcare, marciapiedi da passeggiare e tramonti da godere.

A chi mi ha seguito con affetto in tutti questi anni dico restate qui. Ci sarò sempre, quando avrò qualche buona notizia di quelle che so io. E se ci sarete anche voi, mi farà molto piacere sapere che siete con me e che continuate a leggermi.

Credits

La fotografia è di Pixabay da Pexels.

10 thoughts on “Come sarà il 2023 del Times. “C’era un tempo sognato che bisognava sognare”. Il nostro non è ancora finito

  1. Cos’è questa storia della “minore frequenza”? Qui di minorato editoriale c’è solo il povero Henry in arte Windson. Vediamo di non fare scherzi dottor Levi : per il cazzeggio pavese (biciclette e tramonti) c’è un sacco di tempo.

  2. Boh, non sono del mestiere, però a me sembra che da un bel po’ di anni l’informazione, anche se di testate diverse, sia sempre la stessa, non si riesce a leggere che la stessa notizia seppur da punti di vista differenti, ma gli articoli sono sempre gli stessi, quindi che ben venga il telescopio… ma in
    tutti i sensi per favore! Grazie!

  3. no Roberta, l’informazione non è tutta la stessa. Anzi, si è molto diversificata in questi anni. Mai come adesso i giornali hanno opinionisti così differenti tra loro. Il problema è che la gente crede di essere informata non comprando i giornali, che basta un’occhiata qua e là per credere di sapere. Invece è solo ignoranza, il guaio più grosso del nostro tempo.

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