
Alcuni anni fa avevo un caporedattore che, quando me ne andavo dalla redazione un po’ prima dei soliti infiniti tempi, mi diceva, il giorno dopo: “Bravo Giorgio, ieri sei uscito insalutato ospite”. A poco valeva che io fossi rimasto al lavoro più delle ore contrattuali. Per lui ero sgattaiolato. E non andava affatto bene.
Tra poche ore chiude l’Istituto di Previdenza dei giornalisti italiani. Fine di una storia lunghissima e travagliata, arrivata al fallimento, complice la crisi editoriale, il menefreghismo degli editori e della politica, ma anche dopo anni d’incapaci gestioni. Compresa quella della ormai ex presidente Marina Macelloni, che se ne va anche lei insalutata ospite.
Ci saremmo aspettati un saluto, un bilancio, un twett per dire domani 1° luglio non ci siamo più, mi spiace, ho fatto il possibile, siamo riusciti a traghettare l’Istituto nell’Inps, più di così non si poteva.
E invece, zero. Sul sito dell’Inpgi, che ha tra le notizie più fresche quelle di due mesi fa, non c’è una riga che dia un senso compiuto a questi anni di corsa verso il fallimento. Che dica ai giornalisti italiani vi chiedo scusa non mi sono mai tolta un euro dal mio stipendio e ho chiesto sacrifici inutili ai pensionati. Avrei dovuto fare meglio.
A titolo di memoria la presidente Macelloni ha portato a casa più di 243 mila euro nel 2019, il presidente di Inps Pasquale Tridico 150 mila euro, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella 239 mila e il premier Mario Draghi 80 mila, ai quali ha elegantemente rinunciato. Per non dire degli enormi costi del baraccone, che ha persino convinto qui la Corte dei Conti ad intervenire nel gennaio di quest’anno, riportando spese, stipendi da urlo e rimborsi spesa. Possiamo dirlo, ora che è finita? Una vergogna.
Pazienza, cala il sipario e non perdiamo nulla, se non quello che era nato per essere il fiore all’occhiello della categoria. Portiamo a casa, grazie alla disponibilità di Inps, contributi e pensioni.
Scurdammoce ‘o passato, simmo ‘e Inpgi paisà.
Complimenti,ottimo lavoro.
Le vostre pensioni quindi le pagheremo noi lavoratori inps.
Il vostro fallimento lo accollate alla comunità.
(Naturalmente questo è populismo)
Voi quindi avendo versato zero euro all’ Inps e continuerete a percepire la pensione per decenni.
Vi invidio.
Io insieme all’azienda verso all’inps circa 12mila euro all’anno.
Per pagare la vostra pensione.
Se il vostro fondo era fallito, avreste dovuto andare a cercarvi un lavoro secondo le vostre regole liberiste.
Invece quando fa comodo siete iper statalisti.
Bravi.
beh, come crede che funzionasse l’Inpgi? Esattamente come l’Inps. I lavoratori giornalisti e le loro aziende versano ogni anno da 50 anni i loro contributi. E questo stesso patrimonio contributivo da domani lo portiamo dentro l’Inps, che grazie a questo pagherà le nostre pensioni. Esattamente come fece a suo tempo l’Inps fece con i dirigenti d’azienda e con altre categorie di lavoratori professionisti che avevano una propria previdenza. E’ un fallimento dovuto alla crisi editoriale, con sempre meno lavoratori dipendenti (e quindi sempre meno contributi) e di gestione. E alla fine questo sistema (più pensioni che contributi) non ha retto. Il resto delle sue considerazioni sono così banali che non meritano lo sforzo di una risposta. Lei non pagherà le nostre pensioni, ce le paghiamo come tutti gli altri lavoratori, stia sereno.
La stessa situazione si è generata nel “Fondo Casella” per i pensionati poligrafici, ovvero la mancata vigilanza dei sindacati.
Forse per i poligrafici c’è un’aggravante: negli anni ottanta grazie ad una legge sull’editoria s’è dato vita ai pre-pensionamenti con un costo notevole per l’INPS dovuto al pagamento dell’integrazione dei contributi, per chi aveva raggiunto 35 anni di anzianità, fino ad un massimo di 5 anni appunto per maturare la pensione, con l’aggiunta di 10 mesi di mensilità.
Nell’occasione si è verificata una vera corsa al pre-pensionamento con grande soddisfazione degli editori che, visto il successo dello sgranamento del personale, hanno chiesto per ben tre volte l’applicazione della legge.
Nessuno ha pensato o voluto pensare che al “Fondo Casella” sarebbero venuti a mancare i contributi per pagare le pensioni integrative.
Inutile aggiungere che tutti i penosi ricorsi alla Giustizia per riavere la Casella fono falliti per mancanza di soldi.
La rubrica di Rai3, Report, ha fatto un’inchiesta dettagliata sull’allegra amministrazione “Romana” del fondo pensionistico Casella denunciando la vendita degli immobili e i loro ricavati scomparsi.
Tutto inutile, eppure c’è ancora qualche fantasma di poligrafico che si aggira nei corridoi di vari tribunali recando elenchi di petizioni e carte bollate nell’inutile tentativo di portare a casa una sentenza favorevole.
Sì Enrico, con la differenza che il Fondo Casella erogava pensioni integrative, esattamente com il Fondo Giornalisti, cioè come fosse una assicurazione. Inpgi invece era un ente previdenziale esattamente come Inps, ed erogava pensioni primarie, non integrative.
Bene, speriamo allora che anche il fondo casella (che esiste ancora) venga salvato dall’ Inps.
Non sono sereno perché l’editoria va male.
purtroppo il Fondo Casella non è un ente previdenziale com’era Inpgi e quindi non rientra nelle azioni di salvataggio che Inps può compiere.