giorgio levi

La figuraccia

Tutto comincia da questa foto, uscita in prima pagina su La Stampa. Il titolo La Carneficina è eloquente. L’immagine è terribile. Si notano un uomo con le mani sugli occhi e corpi di gente distesa a terra. Braccia mutilate, arti smembrati, morti, urla di dolore che pare di sentire. L’immagine vuole raccontare la tragedia del popolo ucraino, martoriato dalle truppe di Putin. Tuttavia, c’è un dettaglio che non quadra. Quei morti non sono ucraini ma si tratta di 23 civili filorussi, caduti sotto le schegge di un missile Tochka-U abbattutosi nelle strade centrali di Donetsk, la capitale di una delle due repubbliche separatiste. Notizia della quale La Stampa non ha dato conto.

Che figuraccia, però. L’ambasciatore di Russia Sergei Razov si è leggermente risentito, con il tweet qui sotto.

E senza dire delle polemiche che si sono aperte sui social, dove gli esperti di tutto e di nulla sparano a zero sul giornale. C’è perfino chi annuncia querele a Giannini e denunce all’Ordine dei giornalisti. Bah, è anche possibile che ci sia gente che non ha un cazzo da fare tutto il giorno.

Ma la domanda é: può capitare un errore simile in un giornale che vanta tradizioni secolari? Sì, può capitare. E già successo e capiterà ancora. In questo, come in altri giornali. Oggi più di quanto non accadesse nelle guerre di ieri. Le immagini delle battaglie nel Vietnam, che arrivavano sui tavoli delle redazioni, erano tutte firmate da agenzie internazionali ed erano numericamente una inifinitesima parte di quello che c’è oggi sul mercato. Perciò, ogni foto era una scelta ponderata, senza fretta, perché il giornale sarebbe uscito soltanto il giorno dopo. In più ogni immagine portava sul retro i crediti con il nome dell’agenzia, l’autore, il giorno, il luogo.

Esattamente il contrario di quello che accade oggi. Ci sono migliaia di fotografie che arrivano dall’Ucraina ogni giorno. Dagli inviati, dalle agenzie, ma anche da testimoni di bombardamenti con lo smartphone in mano, pronti al clic su un palazzo in fiamme. Basta vedere che uso fa la televisione di video girati con il telefonino da un passante che si trovava in quel posto per caso mentre i russi bombardavano una scuola. Può essere un girato di trenta secondi vero o un fake di propaganda. Qualcuno verifica?

E poi la fretta. Tutto questo mare di fotografie finisce in parte sul giornale di carta, ma moltissimo nelle versioni online, che per questa guerra in Ucraina sono aggiornati 24 ore al giorno.

Perciò, è facilissimo sbagliare. Certo, l’ideale sarebbe che non accadesse. Ma gli editori dovrebbero investire moltissimo nelle assunzioni, non destinare alla pensione chi è ancora in età lavorativa e ha un ricco bagaglio di esperienza nacessaria, e puntare in alto (e non per finta) sulla diffusione dei giornali. Con un direttore chino tutto il giorno sul suo tavolo a fare le pulci ad ogni dettaglio.

Invece, accade esattamente il contrario. Così, in pochi, stressati, stanchi dopo giorni di decine di pagine sulla guerra, nella fretta e nell’assillo di essere i primi, può accadere che una foto sbagliata finisca sul giornale in edicola.

Capita, ma vaglielo a spiegare all’ambasciatore russo, adesso.

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