
E’ morto Claudio Cerasuolo, 80 anni, per molti anni giornalista de La Stampa.
Capitano d’aviazione, comincia la professione a il Gazzettino di Venezia, città dov’era nato. Nel 1974 entra a La Stampa, dove per oltre venti anni è stato responsabile della cronaca giudiziaria di Torino. Porta anche la sua esperienza di cronista giudiziario alla Scuola di giornalismo monsignor Carlo Chiavazza. Cerasuolo dopo gli anni al giornale si dedica alla narrativa. Pubblica il suo primo romanzo giallo nel 1994, e poi molti altri. Da Il corniciaio di Amsterdam a Delitti d’autore a Nero su bianco. Nel 2007 con il Centro di documentazione giornalistica di Roma ha dato alle stampe Paladini di carta, ironica rilettura della storia del giornalismo.
Il primo romanzo di spionaggio Il grande inganno è del 2009, seguito nel marzo 2011 da un romanzo-saggio Un garibaldino alla mia tavola. Risorgimento, melodramma e cucina.
La video intervista realizzata da Monica Gallo e Alessandro Valabrega a Claudio Cerasuolo inserita nel documentario sul giornalismo piemontese Quei pericolosi anni da cronista prodotto da Associazione Stampa Subalpina e Centro studi sul giornalismo Pestelli.
Qui sotto un ricordo di Sergio Ronchetti sul sito dell’Ordine dei giornalisti del Piemonte.
“E’ volato via Claudio Cerasuolo, aveva compiuto 80 anni quattro mesi fa. Nato a Venezia, era sposato con l’avvocato Dolores Molino, aveva due figli. Dopo essere stato capitano di Aviazione era sceso a terra e aveva cominciato a lavorare al Gazzettino di Venezia. Alla cronaca della Stampa era arrivato nel 1974, insieme a una squadra di giornalisti veneti. Il nostro Capo lo affidò a me, e io lo contagiai subito di cronaca giudiziaria, una passione che, se ti prende, diventa poi difficile lasciarla. Io riuscii a staccarmene, lui no, fino alla fine.
Non potevamo avere caratteri più diversi: lui sempre così serenamente allegro, composto, mai invadente. Io poco incline al buonumore. Era capace di far sorridere, talvolta ridere, perfino i pubblici ministeri, i giudici, i presidenti di sezione e di Corte. Giravamo in cerca di notizie per i corridoi della Procura della Repubblica in via Milano e del Tribunale in via Corte d’appello (siti archeologici per i giornalisti di oggi), poi andavamo a fare il punto al bar dell’angolo sulle due vie (c’è ancora adesso), a bere un caffè, un cappuccino un ombra. C’erano anche i colleghi della concorrenza, ma al banco non c’erano rivalità. Non l’ho mai visto sfilare una sigaretta dal pacchetto, lui le sigarette se le faceva con la cartina e il tabacco, ed era un piacere guardarlo compiere quel rito.
Molti i suoi servizi di cronaca giudiziaria: l’inchiesta e poi il processo per il cosiddetto scandalo dei petroli (in materia Claudio era diventato un esperto), tangenti, mafie, brigate rosse.
Lasciò il giornale prima di noi, per dedicarsi a un’altra scrittura, quella di romanzi gialli, spionaggio, cucina, spesso ambientati nella nostra città, che Claudio aveva assimilato bene, pur conservando quell’accento inconfondibile che non si capiva bene se fosse all’origine o la conseguenza della sua allegrìa. Il corniciaio di Amsterdam, Delitti d’autore, Un garibaldino alla mia tavola. Risorgimento, melodramma e cucina, alcuni dei suoi titoli. Amava gli scacchi, il tennis, era un eccellente cuoco.
Si è ammalato all’inizio dell’anno, sembrava che tutto procedesse verso la ripresa, poi all’improvviso il crollo, in 15 giorni.
Ciao Claudio, lasciate le amate persone e le cose terrene, puoi riprendere a volare”.
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