giorgio levi

Tra le nostre miserie quotidiane abbiamo perso il 4 Novembre

Chi non raccoglie la Storia è destinato a perdere, sempre. Dovremmo ricordacelo, anche in tempi grami come questi. La maggior parte dei giornali, credo per la prima volta in 102 anni, non ricorda che oggi è il 4 Novembre. Ai miei tempi, nemmeno tanti anni fa, era festa nelle scuole.

Papà mi portava a visitare le caserme, salivo sulla torretta di un carro armato e mi piaceva. Papà aveva buonissime ragioni per non avere in alcuna simpatia nè la guerra, nè l’esercito. Aveva subito le leggi razziali, metà della sua famiglia era stata sterminata ad Auschwitz, molti suoi amici erano morti nei bombardamenti di Torino in una guerra insensata voluta da Mussolini.

Credo, però, che pensasse fosse giusto far capire al proprio figlio che l’esercito era parte di questa nuova e meravigliosa Repubblica. Papà amava gli Alpini, forse perché erano sciatori bravi e tenaci come lui, forse perché qualche suo amico Alpino l’8 Settembre aveva scelto la lotta partigiana. E anche perché lo zio Giacomo, da ufficiale, aveva combattuto sull’altopiano della Bainsizza e per questo era stato decorato al Valor Militare. Per poi morire in un campo di sterminio.

Nonno Goianin Sesia (il papà di mamma) era stato un bersagliere, aveva combattuto sul Piave, e conservava in soffitta il cappello con le piume. Tuttavia, non era un nonno pedante che le sere d’inverno ti raccontava il fango della trincea. Mai dovuto ascoltare nulla. Credo che il nonno considerasse quel periodo terribile un suo dovere. Era un operaio e un socialista. La tessera del partito non le prese mai e l’Aeritalia lo licenziò. Conobbe la prigione quando Mussolini venne a Torino. Era un antifascista forte e onesto.

E forse aveva dentro la forza di un bersagliere che aveva combattuto per il suo Paese.

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