
(foto di Skitterphoto da Pexels)
Premetto di avere il massimo rispetto per Geppo e Soldino (creatore di entrambi il leggendario Giovan Battista Carpi) e per Tiramolla (disegnato, tra gli altri, dal bravissimo Giorgio Rebuffi). Geppo, Soldino e Tiramolla sono tre personaggi (nati tra il 1952 e il 1957) che hanno dato il nome ad una serie di giornali a fumetti che ebbero grande successo negli anni Cinquanta e Sessanta.
Perché m’inchino alla memoria di Geppo, Soldino e Tiramolla? Perché il leader della Lega, nonché giornalista professionista, Matteo Salvini ha espresso uno dei suoi memorabili pensieri da spiaggia: “Piuttosto che leggere Il Tirreno, preferisco Topolino“. Il Tirreno di Livorno è uno storico e apprezzato quotidiano del Gruppo Gedi News Network. Per capire come sono andate le cose, tra Matteo e Il Tirreno, consiglio di leggere su La Stampa di oggi, in prima pagina, il pezzo Salvini, Topolino e il giornalismo a firma di Angelo Di Marino, un articolo divertente e ben scritto su un argomento che non dovrebbe nemmeno entrare nell’agenda politica.
Ma si sa, quando Salvini si sente sotto assedio da giornali e giornaloni le spara abbastanza grosse purché si parli di lui. E tra i suoi temi preferiti c’è la battuta su Topolino. Lo ha fatto in passato, lo farà in futuro. E’ una gag consumata, che forse andrebbe sostituita con qualcosa d’altro. Tipo: “Piuttosto che leggere un giornalone, ascolto Radio Padania“. Tant’è.
Salvini cita Topolino in segno di spregio nei confronti del Tirreno, ma, a ben guardare, anche di Topolino stesso. Come dire, il Tirreno racconta così tante balle su di me che che io mi leggo un giornaletto a fumetti. Il giornalista professionista Salvini scredita così in un colpo solo il lavoro dei suoi colleghi del quotidiano e quello dei redattori che lavorano nel settimanale.
Ho lavorato qualche anno a Topolino, quando Mondadori ne era l’editore. E delle mille avventure che ho vissuto in questa professione quella di Topolino la ricordo con più affetto e riconoscenza di tante altre. Anche, e soprattutto, sotto il profilo professionale. Alla mia esperienza disneyana ho dedicato un paio di capitoli nel mio Volevo essere Jim Gannon, dunque non mi dilungherò. Ho imparato il mestiere più a Topolino che nei settimanali e nei quotidiani che ho frequentato in 40 anni di professione. Ho imparato a perfezionare la lingua italiana, a non scrivere nemmeno una riga che non fosse verificata, a comporre frasi semplici e comprensibili. A Topolino, in quegli anni, c’era l’unico direttore a cui ho voluto bene davvero. Dava del lei ai suoi redattori e ci chiamava per cognome.

Nella redazione di Topolino e Segrate, 1984
Topolino non era un giornalino a fumetti. Era molto di più. Generazioni di bambini e ragazzi sono cresciuti imparando la storia, la geografia, la sintassi. Era una piccola e colta enciclopedia. Vendeva all’inizio degli anni Ottanta più di 500 mila copie alla settimana, 5 milioni di lettori, dei quali 2 erano adulti. Fatturava in pubblicità più quanto facessero le corazzate Panorama e Grazia messe insieme.
Era un giornale, serio e rigoroso. Ma piacevole, divertente, arguto. Perciò non credo che Salvini ne sia un lettore, non ha nessuna di queste caratteristiche. La sua boutade è perciò del tutto fuori posto.
Ma torniamo a Geppo, Soldino e Tiramolla. Io credo che Salvini dei tre possa, al massimo, appassionarsi a Soldino. Diciamo, per assonanza. In fondo, lui di soldini se ne intende. Soprattutto, se sommati tutti insieme, fanno 49 milioni di euro.
Ma accidenti, mi spiace per Soldino, a cui vanno tutte le mie scuse.