Domani si chiude il lungo iter di passaggio di proprietà di Gedi, tra il gruppo editoriale fino ad oggi in mano ai fratelli De Benedetti (Cir), e John Elkann (Exor, famiglia Agnelli). Elkann sarà il primo editore italiano di quotidiani, settimanali e radio. Tra i primi in Europa. E’ un giorno, in qualche modo, storico per il giornalismo. Ricco di suggestioni, ricordi e richiami al passato. La famiglia Agnelli fu a lungo proprietaria de La Stampa, il quotidiano acquistato o sottratto (a seconda delle versioni degli storici), all’alba del fascismo al fondatore Frassati. Gli Agnelli non ebbero mai al centro dei loro progetti l’editoria, ma l’Avvocato capì subito, negli anni Sessanta e Settanta, quanto fossero allora influenti i giornali in politica ed economia. Così, gli Agnelli mantennero a lungo il timone del quotidiano di Torino, ma anche una partecipazione importante in Rcs e un ruolo determinante, seppur molto contrastato, all’interno del Corriere della Sera.
John Elkann, che dall’agosto del 2015 ha la maggioranza delle azioni del britannico Economist, acquisisce ora un gruppo, quotato alla Borsa di Milano, che comprende La Repubblica, La Stampa, Il Secolo XIX, 13 testate locali, il settimanale l’Espresso e altri periodici. A cui vanno aggiunte le tre emittenti radiofoniche nazionali, Radio Deejay, Radio Capital, m2o.
E’ dunque la più grande concentrazione editoriale di questo Paese. La domanda che tutti si fanno è la stessa da mesi, saprà Jacki gestire una macchina di questo genere negli anni peggiori dell’editoria italiana? Se si aprisse un dibattito finirebbe a cazzotti. I detrattori degli Agnelli sono numerosi e sempre molto incazzati, non perdono occasione per ricordare fallimenti e anni neri del mercato dell’auto, e una gestione padronale e politicamente opportunistica della Stampa.
Per quel che si è visto John Elkann, che da ragazzo con suo fratello Lapo, imparava il lavoro dei giornali trascorrendo le serate in redazione al giornale, ha acquisito esperienza manageriale, conoscenza dei mercati, passione all’apparenza genuina per il mondo dell’informazione. Certo, la gran parte della sua formazione la dovrà in eterno a Marchionne, anche se fu proprio il manager della rinascita Fiat a frenare, l’allora giovane Elkann, sugli investimenti nell’editoria.
Ora John è libero da condizionamenti. Si porta in casa quotidiani di grandissimo peso che attraversano una crisi epocale. La peggiore di tutta la storia editoriale. Le copie vendute in edicola crollate, la pubblicità ridotta al lumicino, il web che non decolla, nonostante annunci roboanti ma assai poco concreti. Naturalmente non è solo una sofferenza di Stampa o Repubblica. E’ una crisi generale, Urbano Cairo con il suo Corriere della Sera non sta meglio.
A questi anni neri si aggiunge, nel gruppo Gedi, anche una caduta verticale dei rapporti sindacali, tra giornalisti ed editore. Visto oggi sembra un muro invalicabile, e proprio in questi giorni il Cdr della Stampa discute con l’azienda del piano sui contratti di solidarietà. Quindi altri tagli e stipendi sempre più risicati.
Il quadro generale è molto fosco e John Elkann dovrà dare dimostrazione di grandi capacità nei rapporti di lavoro con le sue numerose testate, sparse per l’Italia, e conoscenza del mercato. Qualche suo manager è già all’opera, come Maurizio Scanavino, nominato direttore generale del gruppo a dicembre, due settimane dopo l’annuncio dell’acquisizione di Gedi. Altri ne arriveranno.
Una ricetta per uscire rapidamente dalla melma, tenendo conto degli interessi di tutti, non c’è. Anzi, una ci sarebbe. Un corposo, sostanzioso, robusto piano d’investimenti. Come ha fatto il New York Times in questi anni, drammatici anche negli Usa. Ha investito in tecnologia e assunzioni, non ha lasciato a casa nessuno e ha aumentato il numero dei giornalisti. E ora i conti vanno a gonfie vele.
Facile, no? Ora tocca a John.