giorgio levi

Ma era proprio necessario pubblicare quella fotografia dei due alpinisti?

Questi due ragazzi si chiamavano Tom Ballardi e Daniele Nardi. Erano alpinisti e sono morti qualche giorno fa su una parete del Nanga Parbat, su una delle vie più difficili di questo gigante del Pakistan.

Sono morti come tanti altri alpinisti. Sono la vita e la morte di chi va in montagna. Lo sanno loro, lo sappiamo noi. E la storia potrebbe finire qui. Lasciata al dolore delle famiglie e degli amici.

Invece la foto dei due cadaveri è finita sulle homepage di tutti i quotidiani, dei siti, dei social. Visti da lontano Ballardi e Nardi sono due macchie colorate sulla parete di ghiaccio e neve. Sembrano quasi due giacche a vento scivolate su quello sperone. Invece sono due corpi.

La domanda è: era proprio necessario pubblicare quella foto? Anni e anni e anni di dibattiti sui limiti che dobbiamo darci davanti alle tragedie non sono serviti a nulla. C’è l’immagine? Si pubblica. Perché se non la metto io lo farà un altro.

Chi ricorda la storia di Aylan, il bimbo siriano fotografato morto sulla riva del mare? Quanto si è discusso sull’opportunità di pubblicare quella foto che è finita sulle prime pagine di tutti i giornali? Più di un direttore scrisse: è un monito per l’umanità.

Ah, sì? Perché i bambini profughi non muoiono più in guerra, per fame, per malattie? Li lasciamo persino agonizzare su una nave a cento metri da un porto italiano, figuriamoci se il povero Aylan è servito a qualcosa.

I due ragazzi morti in montagna non meritavano questo. Sareste contenti se di vostro figlio o di vostro fratello restasse per gli anni a venire su internet quella fotografia di lui cadavere sulla neve?

L’umana pietà, se c’è. Togliete quell’immagine. Se l’avete fatto per un click in più siete dei mostri. Se è accaduto per distrazione seguite qualche corso di deontologia. Se è per non farsi battere dal concorrente cambiate mestiere.