C’è chi sostiene che i razzi sparati sulla Siria in queste ore non siano troppo intelligenti. Vedremo. Lo sono stati certamente quelli del dittatore Bashar Assad che nel 2012 ha dato ordine di lanciare su un centro media per giornalisti ad Homs. Sotto quella pioggia missilistica morì Marie Colvin, 56 anni, corrispondente di guerra del Sunday Times.
La storia di una delle più leggendarie inviate di guerra della storia del giornalismo internazionale la racconta bene qui il mensile Elle, in un pezzo pubblicato nel 2016. Per farla in breve, Colvin il 22 febbraio 2012, alle 6 di mattina, si trovava in un centro media ad Homs, riservato ai giornalisti, con il suo collega e amico il fotografo Paul Conroy, quando sull’edificio si sono abbatute bombe e un potentissimo missile. Il centro media venne distrutto e Paul rimase gravemente ferito. Al suo fianco, tra le macerie, vide il corpo senza vita di Marie. Il giorno prima Colvin aveva scrupolosamente inviato la sua documentazione a Channel 4 e BBC. Fino all’ultimo istante la leonessa aveva combattuto con coraggio. La sua morte scosse e segnò la vita di tante persone, costringendo il mondo intero a volgere più attentamente lo sguardo sugli atroci conflitti che l’umanità ancora non conosceva.
Fino ad ora però non c’era la certezza che quell’operazione fosse voluta. Assad ha sempre negato ogni addebito. Ora sul tavolo ci sono nuove carte. Un ex ufficiale dell’intelligence siriana, nome in codice Ulysses, ha parlato. E ha riferito che sulla morte di Mary il generale maggiore siriano Rafiq Shahadah esclamò quel giorno: “Marie Colvin era un cane ed ora è morta. Ora possiamo lasciare che gli americani la soccorrano”.
Ci furono addirittura festeggiamenti a Palazzo e regali a chi portò a termine l’impresa. Finalmente la confessione dell’ex 007 siriano, che vive sotto copertura in un paese europeo, ha restituito un pezzo di verità sulla morte di una giornalista che raccontava ai suoi lettori i misfatti di Assad.
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