giorgio levi

Dopo 91 anni la famiglia Agnelli perde la proprietà de La Stampa. E adesso il padrone è Carlo De Benedetti

In fin dei conti a Carlo De Benedetti è riuscito quello  in cui aveva fallito nel 1976 quando aveva cercato di sottrarre la Fiat all’Avvocato. Certo, altri tempi e altre manovre. Questa volta è il nipote bravo e coscienzioso dell’Avvocato che gli ha consegnato le chiavi di casa.

E’ pur vero che la storia si ripete, anche con i giornali. I passaggi di mano sono sempre stati dolorosi e mai del tutto chiari. La famiglia Agnelli oggi perde dopo 91 anni la proprietà della Stampa, quello stesso giornale che il vecchio senatore Giovanni, fondatore della Fiat, aveva abilmente sfilato di mano ad Alfredo Frassati, con Mussolini sponsor dell’operazione. Come tutti sanno il casus belli fu l’assassinio di Matteotti nel ’24. Frassati non ebbe dubbi sulla responsabilità diretta del fascismo nella vile esecuzione, e lo scrisse a chiarissime lettere in prima pagina. Mussolini fu implacabile, tanto da costringere in pochi mesi Frassati a dimettersi. Il giornale venne chiuso, ma sul trespolo dell’avvoltoio in agguato c’era il Senatore che trovò subito un accordo con il duce.  Agnelli ne rilevò le quote da Frassati e il gioco, ben sostenuto dal regime, fu semplice. Così,  La Stampa tornò in edicola. La storia non ha mai nemmeno ben chiarito se Frassati si mise davvero in tasca qualcosa, molti pensano esattamente il contrario di quello che le biografie ufficiali raccontano.

Jas Gawronski, giornalista e nipote di Frassati, ma anche confidente dell’Avvocato è stato intervistato nel febbraio scorso, alla vigilia dei festeggiamenti dei 150 della Stampa (a cui lui si era autoinvitato, perché l’avevano dimenticato) da Tony Damascelli per Il Giornale. Alla domanda: secondo lei la storia della Stampa va riscritta? Gawronski risponde: “Non riscritta, ma sfrondata da varie inesattezze. Del resto ci ha pensato mia madre, Luciana Frassati, che ha dedicato sei grandi volumi alla storia del giornale”. E aggiunge a proposito dei suoi rapporti con l’Avvocato: “Ogni tanto gli ricordavo che se non ci fosse stata quella insana complicità fra Mussolini e suo nonno forse oggi sarei io il proprietario e il direttore de La Stampa“. E sulla questione nonni Gawronski ricorda quello che disse un giorno ad Agnelli: “Mio nonno, a differenza del tuo, non si è mai fatto fotografare in orbace!”.

L’impressione generale è che ora, che quel passato in qualche modo si è ripetuto,  sia stato molto più semplice. De Benedetti non ha avuto bisogno di un duce e nemmeno di tessere trame, il giornale gli è stato servito su un piatto d’argento. Adesso è lui il padrone. Quello che accadrà nessuno lo sa, e chi ne ha notizia tace come Iwazuru, la terza scimmietta, quella che non parla.

In questi mesi si sono sforzati tutti di sviare la realtà. Mai è stata detta la verità, come 91 anni fa. Si è venduta la cessione della Stampa come un accordo fraterno tra due editori. Addirittura si fa dire a De Benedetti che “unire La Stampa e La Repubblica era un sogno di Carlo Caracciolo”.  Ma come sarebbe a dire? Davvero Caracciolo aveva questo grande desiderio di mettersi in società con suo cognato? Ma dai, è la prima volta che lo sento dire. Forse De Benedetti ha dimenticato le ragioni politiche della nascita di Repubblica, diametralmente opposte al governativismo della Stampa. O forse semplicemente sono frasi che gli fanno dire, l’Ingegnere è troppo intelligente anche solo per pensarle.

Tuttavia, fin qui questo gran bordello è comprensibile, il mercato non è l’Opera Pia dei Mutilatini. Quello che oggi appare irreale è il voler nascondere la realtà. Anche adesso, a carte scoperte. E’ sostenere che Elkann (attraverso Exor) è il secondo socio e non il socio di minoranza. Mica un dettaglio. E alla fine di tutto, perché?

Se io fossi in John Elkann andrei in televisione da Bruno Vespa e racconterei per filo e per segno esattamente come è andata. Così, semplicemente, con quella faccia da ragazzo per bene. E direi a Vespa: “Ho ceduto La Stampa perché non la leggevo.  Preferivo La Repubblica“.