
Leggo i dati di vendita, pubblicati qui da Prima On Line, de La Stampa, La Repubblica e persino de Il Corriere della Sera e mi prende lo scoramento.
Perché gli editori sono stati così ciechi e sordi da non investire nella rivoluzione tecnologica quando c’era il tempo per cambiare, come hanno fatto i grandi giornali americani?
Poi leggo il magnifico reportage, pubblicato questa settimana da Internazionale, e mi deprimo definitivamente. Secondo l’inchiesta di McKay Coppins di The Atlantic la metà dei quotidiani Usa è controllata da fondi speculativi, che fanno profitti distruggendo le redazioni. Scrive Coppins: “Con conseguenze gravi per la società e la democrazia”.
C’è un fondo che controlla più di 200 giornali, tra cui lo storico Chicago Tribune. Che cosa fa questo fondo? Acquista giornali che non riescono più a far quadrare i conti, che vendono sempre meno copie e che la rivoluzione digitale non ha sostenuto, licenzia metà dei giornalisti, riporta in qualche modo sul mercato il giornale, spreme tutto quello che c’è da spremere, e alla fine lo chiude. Ne ricava degli utili che reinveste in altre attività del fondo che non hanno nulla a che vedere con l’informazione.

E allora, tra i nostri modestissimi editori e la nuova frontiera, che prima o poi arriverà anche qui, capisco che la strada è finita. C’è un solo capolinea. Sono però contento, alla mia età, di avere camminato per tanti anni sulle strade di questo meraviglioso mondo, quando era ancora florido e innovativo ed era il vero e unico baluardo della democrazia. La sua fine, così com’è oggi e come forse sarà, non mi sorprenderà.
E perciò quando vi diranno che c’è un certo fondo americano interessato a La Repubblica, beh saprete come andrà a finire.
Credits