giorgio levi

Nel 2032 l’Italia avrà 100 miliardi di debiti in più nel bilancio, non sarà sufficiente una intera generazione per tornare al pre Covid. Chi pagherà?

(foto di Levent Simsek da Pexels)

A chi considera l’emergenza economica in secondo piano rispetto a quella sanitaria (prima la salute e poi i soldi, come se i poveri non si potessero ammalare) offro qualche cifra sul deficit dello Stato, pubblicata da #Truenumb3rs, con una eleborazione dati che si riferisce al Servizio Bilancio del Senato.

Poi qualcuno avrà la gentilezza di spiegarmi come lo Stato italiano in più di 10 anni, una intera generazioni di giovani in cerca di lavoro, cercherà di recuperare il più grande disastro economico della sua storia. Un’ideuzza ce l’avrei, ma comprende restrizioni finanziarie alla sanità e alla scuola, tasse sulla prima casa e sui beni di proprietà, tassazioni alle imprese, Iva, benzina, autostrade, patrimoniali di vario genere, imposizioni sui risparmi, tagli alle pensioni. Insomma, chi pagherà il debito? Mi sa che che questa volta toccherà a tutti. Sono tantissimi 10 anni, e non abbiamo ancora una qualsiasi minchiata di piano di rientro dal debito, se non a breve termine, qualche aggiustamento di bilancio. L’Europa tra qualche anno ci chiederà il conto, come lo pagheremo? Quando Francia e Germania avranno ripreso la loro corsa.

Lo so che i numeri sono noiosi più del vaccino, ma forse è ora di cominciare a leggerli.

Buon divertimento.

L’Italia, secondo il Patto di Stabilità europeo, dovrebbe ogni anno presentare un piano di rientro verso quello che è chiamato l’Obiettivo di Medio Termine (OMT), un target stabilito in termini di deficit strutturale a cui ci si dovrebbe attenere o comunque verso cui tendere.

In linea con l’obbligo di pareggio di bilancio l’obiettivo italiano è stato fino al 2019 quello di raggiungere quota deficit zero nel medio periodo, modulando le proprie leggi di stabilità in modo da avere saldi di bilancio, sempre strutturali, ogni anno migliori di quello precedente. E’ importante l’aggettivo strutturale, vuol dire che si devono estrapolare entrate o uscite una tantum e gli effetti del ciclo economico, come congiunture negative magari derivanti da cause esterne.

Nel caso poi di grave recessione vera e propria e calamità naturale sono concessi scostamenti temporanei dal percorso stabilito, per esempio prevedendo saldi peggiori rispetto a quelli stabiliti. Non solo, se vi fossero ulteriori eventi eccezionali sarebbe possibile aggiornare e modificare il piano di rientro stesso.

Quale evento più eccezionale dell’emergenza coronavirus? Il governo aveva già negli anni passati chiesto al Parlamento autorizzazioni per scostamenti temporanei, senza però cambiare l’obiettivo del pareggio. A marzo e aprile però sono stati presentati aggiornamenti veri e propri dell’OMT, in seguito ai primi decreti economici emanati per tamponare l’emergenza economica. Ora con l’ultima relazione al Parlamento del 22 luglio è stato sottoposto un ulteriore aggiornamento, probabilmente l’ultimo, che stravolge a lungo il piano di rientro, di fatto cancellando il pareggio di bilancio per una generazione, o quasi.

Come riferito dal Servizio del Bilancio del Senato quest’anno l’indebitamento netto dello Stato, quello che andrà a formare poi quello strutturale, peggiorerà rispetto al piano di rientro precedente di 100,3 miliardi, sommando tutti gli scostamenti precedenti, considerando lo scostamento aggiuntivo di 25 miliardi appena portato in Parlamento. Indebitamento netto che è la differenza tra entrate e uscite sia correnti che in conto capitale, incluso il pagamento degli interessi, in sostanza il deficit di cui si parla sempre. Questo numero è l’esito sia delle maggiori uscite che lo Stato dovrà sostenere, per esempio in termini di ammortizzatori per gli autonomi o di cassa integrazione per i dipendenti delle imprese, e molto altro, e delle minori entrate previste come conseguenza del calo della domanda, degli occupati, dei fatturati delle aziende.

Basti pensare che inizialmente per il 2020 era stato programmato sarebbe stato di 39,4 miliardi, e che nel 2019, grazie al minor utilizzo rispetto al previsto di quota 100 e Reddito di Cittadinanza il deficit era stato solo di 29,3 miliardi. Ora si arriverà nel complesso quindi a 139,7 miliardi.  In termini percentuali il famoso rapporto deficit/PIL, quello che dovrebbe stare sotto il 3%, diventerà dell’11,9% nel 2020, contro l’1,6% del 2019.

Nel 2021 lo scostamento diventa di 32,4 miliardi, per poi risalire a 35,9  il 2022, e a 42,2 nel 2023 e poi oscillare su tali cifre fino al 2031 e diventare di 37 miliardi nel 2032.

Il risultato è che anche il saldo netto da finanziare aggiuntivo aumenta, è quella cifra che include l’indebitamento netto (quindi la differenza tra entrate e uscite) aggiungendo una parte delle attività finanziarie come la vendita o l’acquisto di partecipazioni, escludendo però una voce importante come il rimborso di prestiti. Detto in parole povere sono i soldi in più che lo Stato deve trovare, indebitandosi sul mercato, o presso le istituzioni europee (leggi MES) se lo ritiene.

Nel 2020 si tratta di ben 212 miliardi in più. Questi scenderanno a 33 l’anno prossimo, per diventare 37 nel 2022, 41 nel 2023, e rimanere poi su valori simili.

Non è un caso se il debito pubblico italiano toccherà record mai raggiunti prima, ovvero il 157,6% del PIL. E non è un caso se le trattative per il Recovery Fund sono state così calde. La fame di denaro da parte dello Stato in Italia non è mai stata così feroce“.

I dati si riferiscono al periodo 2020-2032.

Fonte: Servizio del Bilancio del Senato 

Credits

#Truenumb3rs

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