
Foto Jhefferson Santos
Avremo dunque il bollino Pic accanto alle nostre firme digitali. Pic sta per Protocollo Informazione Certificata. Il lettore inquadrando il Pic (che sarà un codice Qr) saprà chi è l’autore del pezzo, da quanti anni è iscritto all’Ordine dei giornalisti, se ha assolto la compito dei crediti formativi. L’articolo firmato con il Pic sarà un pezzo garantito e certificato. Da chi? Dall’Ordine dei giornalisti che vorrebbe chiudere la partita con le fakenews.
Lo ha ideato Marco Piccaluga de Il Sole 24 Ore che spiega: “Pochi giorni fa, abbiamo visto la fotografia della testa del missile Tor-M1, tra i resti dell’aereo di linea ucraino abbattuto a Teheran questo gennaio. Chi ci dice che quella foto è stata scattata esattamente in quel luogo e in quella data? Nessuno. Neppure gli esperti del New York Times sono riusciti a verificare l’originalità di quella informazione”.
Il Pic dovrebbe ovviare a tutto questo e mettere definitivamente all’angolo le notizie bufala. Ma sarà sufficiente? Molto probabilmente no. Prima di tutto perché i frequantatori della rete non fanno tante distinzioni. Se a una notizia (palesemente falsa) ci credono non ci sarà mai verso di fargli capire che sbagliano. Saranno sempre convinti di essere nel giusto e che i falsari di notizie siano i giornalisti stessi.
E poi il Pic non certifica la veridicità del pezzo, ma offre semplicemente informazioni sull’autore. Così, io con il mio bollino Pic su questo blog, potrei scrivere una notizia del tutto inventata. E il bollino Pic non lo saprebbe mai. E nemmeno chi legge, ma saprebbe soltanto che io sono a posto con la quota d’iscrizione e con in crediti formativi.
Mi sa che siamo molto all’inizio, per la guerra alle bufale ci vuole altro.