
Il bar è in quella costruzione bassa a sinistra della passerella sul Lago delle Carpe
La notizia nuda e cruda è semplice e sconvolgente allo stesso tempo. Alla Mondadori di Segrate chiude il bar dell’azienda. Sembra una fakenews, tanto la notizia è grossa. Ma la scrive su Facebook il collega e amico Gigi Sasso, perciò c’è da fidarsi.
Scrivono i gestori in questo volantino: “Questi sono gli ultimi giorni che passeremo insieme, abbiamo dovuto scegliere di abbandonare la gestione di questo bar. La vita fuori dalla Mondadori ricomincerà sicuramente, ma qui con voi lasceremo un pezzetto del nostro cuore”.
Questo annuncio è apparso ieri 23 dicembre sul blog di Franco Bagnasco. Il quale Bagnasco oggi alle 9,37 del mattino pubblica un aggiornamento: “Mi giunge voce che lo storico bar di Mondadori a Segrate forse non chiuderà. I precedenti gestori avrebbero ricevuto un’offerta per restare, ci sarebbero state trattative, ma non si sarebbe trovato un accordo con l’azienda. Sarebbero però in corso trattative per ripartire dal primo gennaio con una nuova gestione”.
Perciò la notizia che sembrava drammatica, in realtà ha ora toni più morbidi. Il bar potrebbe tenere aperta la porta sul Lago delle Carpe anche dal primo gennaio.
Tuttavia, il punto non è questo. E’ la semplice, banalissima idea che possa chiudere un luogo che considerare storico non è una esagerazione. Dal quel bar sono passate generazioni di scrittrici e scrittori di grandissima fama, donne e uomini di cultura, giornalisti che hanno raccontato l’Italia e il mondo con i loro reportage su Epoca e Panorama. Era un punto di ritrovo, ma anche di fuga, dieci minuti fuori dai neon delle vastissime redazioni openspace per posare gli occhi sull’acqua del lago o bearsi del primo sole di primavera.
I ricordi poi. Scrive Guido Mattioni (14 anni in Mondadori e poi a Il Giornale con Indro Montanelli) a commento della notizia: “A quel bar sono legati mille ricordi, mille e mille giorni più o meno felici, ma soprattutto tanti volti. Il caffè o l’aperitivo a quel bancone erano l’occasione, per sbarbati come all’epoca il sottoscritto, di incrociare grandi signori della carta stampata come il direttore dei libri Porzio, scrittori e saggisti come Galli, Fruttero&Lucentini, Oreste del Buono, Arpino, Bettiza e via elencando. Ma anche tanti colleghi di vaglia, da Alberto Baini a Marco Mascardi”.
Per quanto mi riguarda mi ero fissato con Gianpiero Dell’Acqua, che lavorava a Panorama e che aveva scritto Ciao Hemingway, romanzo che conservo tutt’ora ben in vista nella mia libreria. Era una specie di dio per me. Ero appena arrivato e non volevo essere invadente, perciò non mi sono mai presentato. Ma sapevo che tutti i giorni a metà mattina andava al bar. Così, quando entrava puntuale io ero già con il mio caffè e lo osservavo per cercare di carpire il suo segreto del giornalista che avrei voluto essere.
Tutto molto lontano e perso nel tempo. Comunque vada con la vicenda bar si è chiusa un’epoca. Di quella che fu una impareggiabile casa editrice milanese, tra le più prestigiose del mondo.