Il quotidiano online Affari Italiani si pone questa domanda: va bene donna manager, viva le quote rosa e la diversity e benvenute le chief executive officer con la gonna, ma possibile che basti la parola? E il passaparola tra colleghi? E i cacciatori di teste pagati profumatamente proprio per informarsi, guardare bene nel curriculum, selezionare e candidare, non vedono?
Il quesito è riferito al caso Laura Cioli, l’ex ad di Gedi liquidata, dopo nemmeno un anno dalla formalizzazione del suo incarico, con quasi 2 milioni di euro. A fronte di una performance borsistica disastrosa, col valore del titolo Gedi quasi dimezzato. A cui vanno aggiunti dipendenti in esubero, tagli agli stipendi, la totale mancanza di un piano industriale e rapporti sindacali quasi inesistenti.
Tuttavia, la domanda ha il suo perché, ma forse la risposta non è così semplice, o meglio non è in quello che sembra, ma in quello che non appare. La Cioli , master alla Bocconi, arrivava da Rcs dove, dopo nove mesi di lavoro, in un gruppo sull’orlo del fallimento, si era portata a casa un assegno da 4 milioni di euro. E prima ancora le esperienze in Eni e Sky, dove la risposta, secondo Affari Italiani, è un sussurro: lasciamo perdere.
Insomma la Cioli era questa cosa qui, la manager giusta al posto giusto. Cioè, lì nel luogo dove le aziende corrono verso il fallimento. Un collega e amico, qualche giorno fa, mi ha illuminato: “Rovescia la questione. Osserva la Cioli come la dirigente incaricata dall’azienda di smagrire il gruppo, togliergli valore sul mercato per poi cederlo al primo compratore disponibile”.
Questa è la risposta giusta. I cacciatori di teste leggono i curriculum, ma qualche volta con un obiettivo diverso da quello utile per far crescere una società. Laura Cioli aveva il preciso incarico di condurre il primo gruppo editoriale italiano di quotidiani esattamente dove l’ha portato. Ad una crisi irreversibile, ma ad un prezzo appetibile sul mercato. E il compratore non poteva che essere John Elkann, il suo azionista di minoranza. Un pacco? Dal prestigio editoriale del gruppo non si direbbe, anzi quale editore non vorrebbe avere Repubblica e La Stampa tra i sui giornali? Tutto però dipenderà da quanto il nuovo editore, che oggi sembra ben intenzionato, sarà diposto ad investire. La partita è appena cominciata.
La Cioli? La rivedremo presto. Da qualche parte, magari nel pubblico, c’è sempre qualcuno che ha bisogno di chiudere la propria azienda ad un prezzo ragionevole.