Renato Farina è forse il più sanzionato giornalista nella storia dell’Ordine professionale a cui appartiene. Ha passato tutti i gradi di giudizio, fino alla radiazione nel 2007 dall’Albo dei professionisti per la schifosissima vicenda che lo legava ai servizi segreti nelle sue vesti di giornalista (nome in codice Betulla, la vicenda è complessa, ma si legge bene su Wikipedia). Si dimise prima di essere radiato, fece causa, la vinse. Nel 2014, essendosi dimesso, chiese la riammissione all’Ordine, che fu accolta.
Oggi Renato Farina, fedelissimo amico di Vittorio Feltri e di tutta quella congrega di giornalisti che cavalca la destra politica con allegra disinvoltura, è un notista di Libero.
In una spalla di oggi, in prima, Farina attacca l’Ordine dei giornalisti della Lombardia, perché il Consiglio aveva cancellato nel 2005 dall’Albo il vicedirettore del Corriere della Sera Federico Fubini, dopo anni che non pagava la quota e aveva accumulato una morosità di 2.500 euro. Mai saldate. Fubini ha poi continuato ad esercitare la professione per 14 anni, ai massimi vertici della carriera, senza essere più iscritto all’Ordine dei giornalisti. La vicenda è nota solo da qualche giorno.
Al di là dell’aspetto surreale di questa storia, Farina sputa come un lama sull’Ordine e deride i colleghi, sentenziando sulla loro inutilità in termini denigratori. Lui, graziato da qualche divinità, quando non avrebbe mai dovuto tornare a scrivere su un giornale.
Ora, spero che il Consiglio della Lombardia lo quereli. Perché le sanzioni sono cosa lieve per uno come Farina. A pensarci bene anche con una querela, per uno condannato a 6 mesi di reclusione (commutati in 6.800 euro di multa) dalla giustizia ordinaria, ci si potrebbe pulire il culo. Lo farà.
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