
E’ necessaria una premessa prima della notizia. Organizzare uno sciopero in un giornale è una cosa difficilissima. Quasi sempre sono tutti d’accordo (spesso anche quelli che hanno votato contro in assemblea), ma nessuno ci sta a perdere un giorno lavorativo. Così, parte la corsa ai mezzucci. Chi può (per le più svariate ragioni gerarchiche e di leccamento di culi) si fa segnare, per quel giorno, dal caporedattore o dal capo servizio in corta, in malattia, in ferie, in permesso, in viaggio di lavoro inderogabile. Insomma, a fine mese si scopre che tutti hanno aderito, ma molti hanno conservato intatto il loro stipendio.
Dico questo con cognizione di causa. Negli anni in cui sono stato membro dell’esecutivo del Cdr di Mondadori (500 giornalisti in quegli anni) far aderire i tantissimi colleghi delle più svariate testate ad un sciopero nazionale della categoria era una impresa titanica. E ancora di più quando lo sciopero era aziendale per un contratto integrativo, frutto di assemblee redazionali e generali infuocate, litigi, dibattiti. Impedire l’uscita in edicola di un settimanale non è così facile come bloccare il lavoro di un quotidiano. Sono necessari almento 3 giorni di sciopero. Tantissimi, a fine mese in busta paga.
Ci siamo sempre riusciti, anche nell’anno tormentato della cosiddetta Guerra di Segrate. Tuttavia, l’aspetto più frustrante era scoprire quanti colleghi risultassero, in quei 3 giorni, in corta o in ferie. Una vigliaccata verso chi aveva perso una fetta di stipendio per una rivendicazione comune. Da sindacalista non ho mai difeso quella scelta irrispettosa e piuttosto vile da furbetti.
La notizia ora è che la direzione del personale de La Stampa ha deciso di considerare presente (e dunque in sciopero) chi nel tabellino si è segnato in corta o in ferie, dopo la dichiarazione dello sciopero stesso. Detto molto semplificato. Professione Reporter però ne ha scritto qui abbondantemente. Il Cdr ha replicato con argomentazioni ineccepibili sotto il profilo contrattuale e forse la partita resta aperta.
Tuttavia, il punto non è questo. A me sembra che l’atteggiamento dei furbetti della corta sia anti sindacale, più che anti aziendale. E questo non è un bene per chi lavora, sciopera e sacrifica una giornata di stipendio.
Credits
La foto è di Matheus Cenali.