giorgio levi

Il sovranismo è l’autarchia di Benito Mussolini. Giorgia Meloni non è fascista. E’ l’erede naturale della dittatura che portò alla rovina il Paese. Ecco come ha unito il passato aggiornandolo al presente

Hanno ragione gli alleati di FdI, e i suoi stessi sostenitori, a dire che si perde tempo a discutere se Giorgia Meloni sia o no fascista. Dobbiamo pur dirlo, l’onorevole Meloni non è una fascista ante marcia. Ha qualche cosa a che vedere con il truce Emilio De Bono, con l’arrogante Italo Balbo, con il guerrafondaio Cesare Maria De Vecchi o con l’infido Michele Bianchi? I quadrumiviri che, con un manipolo di manganellatori, marciarono su Roma il 28 ottobre del 1922, esattamente 100 anni fa, seminando violenza e terrore con cui s’impadronirono della capitale e “convinsero” il re ad affidare a Mussolini la guida del Paese.

E’ vero non ci sono manganelli, olio di ricino, pugni di ferro, moschetti, camicie nere, botte da orbi. Tuttavia, il punto è proprio questo. Giorgia Meloni non è fascista secondo quello che la storia ci ha tramandato del fascismo. Giorgia Meloni è molto più che fascista. Lei è l’incarnazione stessa del fascismo, è l’erede naturale di quei quadrumiviri, lei è l’ultimo nodo di un robustissimo filo che unisce il fascismo del Ventennio con l’Msi del dopoguerra fondato in buona parte da ex repubblichini, con l’amatissimo Giorgio Almirante (che fu tra i primi firmatari delle Leggi Razziali nel ‘38) con le donne e gli uomini di An che trasmisero ai posteri la fiamma che rischiara ancora oggi le notti sulla tomba di Mussolini.

Giorgia Meloni non è fascista, perché lei ”è” il fascismo. Perché non ha mai rinnegato quei vent’anni di di dittatura infame, non ha mai chiesto scusa agli ebrei italiani per le Leggi Razziali (come fece onorevolmente Gianfranco Fini), non è mai andata in Israele a inchinarsi allo Yad Vashem di Gerusalemme, non ha mai ammesso che i partigiani combatterono una guerra di Liberazione e non una guerra civile.

Ma soprattutto è fascista nei programmi del presente. Sta cercando di dircelo, ma siamo obnubilati da Salvini che ci nasconde l’orizzonte. Uomo rozzo, politico primitivo, privo di programmi e idee. Un fascista di comodo, innocuo. Ci concentriamo su di lui (sarà un caso?) e Meloni ci sembra donna liberale di principi democratici. La realtà è ben diversa. Per due ragioni, che vanno colte prima che sia tardi. La prima è che Meloni ha dichiarato di voler cambiare la Costituzione per arrivare al presidenzialismo e dunque avere mani libere senza il fiato sul collo del Quirinale. La seconda è che punta, senza nemmeno più nasconderlo, ad un’altra modifica della Costituzione: togliere tutti i riferimenti alla prevalenza del diritto comunitario rispetto a quello nazionale e agire così indipendentemente dall’Unione Europea. Ricordate?: “La pacchia è finita”. Ha sposato il sovranismo di Orban, che non è altro che il progetto autarchico suicida di Mussolini. Questi non sono progetti da destra liberale, sono colpi durissimi di piccone ai principi su cui è stata fondata la Repubblica, nata dopo la tragedia del Ventennio e della guerra. Allontanare il Paese dall’Europa Unita di Germania e Francia è la visione aberrante che aveva Mussolini dell’Italia.

Dunque, è così inutile chiedersi se siamo all’alba di una storia che nessuno vorrebbe ripercorrere, di un fascismo lontanissimo dal primo, ma ora ben radicato e con gli stessi valori di allora aggiornati al presente?

Io credo che almeno una risposta a questa domanda dobbiamo darcela, prima di entrare nella cabina elettorale e soprattutto prima di decidere di astenersi dal voto. Il 25 settembre è un giorno che segnerà una svolta che condizionerà gli anni a venire. Perciò non perdiamo l’occasione di difendere i principi liberali sui cui sono state costruite, sulle macerie della dittatura e della guerra, la Repubblica e l’Europa.

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