giorgio levi

Che merde sono a minacciare Verdelli

In 45 anni di questa professione ne ho visti e conosciuti tanti di giornalisti minacciati di morte. Il 16 novembre del 1977 ero, come tanti altri nella tarda mattinata (ma per me era la mia prima volta in assoluto da cronista per una delle primissime tv private) davanti alla casa di Carlo Casalegno, vicedirettore de La Stampa, vittima di un agguato delle Brigate Rosse, colpito da una Nagant M1895. Casalegno muore 13 giorni dopo in ospedale.

Ma come dimenticare Mauro De Mauro, Giovanni Spampinato, Carlo Casalegno, Peppino Impastato, Mario Francese, Walter Tobagi, Pippo Fava, Giancarlo Siani, Mauro Rostagno, Beppe Alfano? E forse altri che qui non ricordo. Mafia e terrorismo. E poi tutti i minacciati di morte. Una catena che non si è mai spezzata.

Oggi arrivano minacce di morte a Carlo Verdelli, direttore de La Repubblica. Vigliacche e odiose, come sempre. Ma anche inquietanti. Com scrive qui il quotidiano stesso. La data di morte minacciata è il 23 aprile prossimo. Ed è la seconda volta che viene indicata questa data. Naturalmente sono in corso indagini, a Verdelli il Viminale ha assegnato una scorta personale da circa un mese. Si è mosso anche il Consiglio d’Europa, che ha inserito il caso Verdelli sulla piattaforma per la protezione dei giornalisti, e lo ha valutato di livello 1, quello cioè che riguarda le violazioni più gravi e dannose alla libertà di stampa.

Il 23 aprile è anche la data di fine della gestione del gruppo Gedi (Cir) dei fratelli De Benedetti e l’inizio dell’era Elkann (Exor) nuovo editore del più grande gruppo editoriale di quotidiani d’Italia. E’ certamente una coincidenza. Ma una vigilanza stretta non potrà che essere opportuna.