Siamo alla resa dei conti. A fine anno si conclude il primo triennio di Formazione Continuativa. Risultati? Un disastro sotto il profilo della partecipazione. Sono 48.555 (più del 50%) i giornalisti italiani che non risultano essersi mai iscitti alla piattaforma Sigef. Nel solo Piemonte (che risulta essere la regione più virtuosa d’Italia) i non partecipanti sono stati quasi 4 mila, su circa 7 mila che avevano l’obbligo della formazione professionale. In altre regioni le statistiche degli assenti superano il 70%.
Era tutto facilmente prevedibile. I corsi, chiamati spesso pomposamente eventi (anche quelli sull’importanza della coltivazione della frutta biologica) tre anni fa sono iniziati tra mille difficoltà e con costi elevati, soprattutto in regioni come il Piemonte dove l’Ordine ha programmato ogni anno incontri a costo zero per i partecipanti. Tuttavia, sono state notevoli le spese per organizzazione e ingaggio di oratori. Con l’esclusione dei colleghi giornalisti-docenti che nella quasi totalità non hanno chiesto compensi. Tutto sto baraccone ha dunque avuto un peso nel bilancio, anche con la quota di finanziamento che Roma aveva deciso di elargire agli ordini regionali. Tagliata poi alla grande negli anni successivi al primo.
Alla fine l’Odg si è convinto che era sufficiente programmare corsi online, e ottenere lo stesso numero di crediti (60 nel triennio) che prima si conquistavano a fatica presenziando agli appuntamenti formativi. C’è voluto il suo tempo. Il problema che non è stato risolto è quello relativo agli inadempienti, o reprobi o dissidenti o contestatori del sistema. Che fare di questo esercito di professionisti che sono stati per tre anni sul libretto degli assenti? L’Odg nazionale lo ha chiesto al Ministero della Giustizia con una lettera la cui risposta è arrivata a fine settembre.
In questa missiva il Ministero riassume a grandi linee il tema della formazione, ne richiama gli obblighi di legge sulla partecipazione, nei due capoversi di chiusura scrive: “Orbene, così riassunto il contesto normativo e regolamentare di riferimento, e ferma restando l’esclusiva competenza dei Consigli regionali e dei Consigli di disciplina territoriale, rispettivamente, nelle attività di verifica delle inadempienze agli obblighi formativi e di eventuale attivazione del procedimento disciplinare – sulle quali alcun indirizzo può essere fornito dal Ministero vigilante, se non il generico richiamo al rispetto delle norme in materia – si può osservare che, alla luce di quanto rappresentato, le criticità segnalate paiono derivare non da carenza di occasioni formative, bensì da una scarsa attenzione, da parte dei professionisti, alle esigenze connesse al rispetto degli obblighi di formazione continua“. E chiude invitando “i Consigli territoriali di disciplina a condurre i relativi procedimenti con il dovuto rigore“.
Et voilà. Sapevamo tutto. Il Ministero si tira fuori e dice molto chiaramente, non tocca a noi indirizzare sui provvedimenti disciplinari, vedetevela un po’ voi sul territorio. Il che significa che “con il dovuto rigore” per giudicare quasi 4 mila inadempienti piemontesi ci vorranno decenni. A meno che, come qualcuno ha proposto, non si decida una pena pecuniaria uguale per tutti, senza esaminare caso per caso, una sorta di multa per chi non si è iscritto alla piattaforma Sigef e non ha preso crediti e legare il pagamento della sanzione al rinnovo dell’iscrizione all’Ordine. Questo renderebbe i provvedimenti assai più rapidi. C’è però un ostacolo. Molti di quelli che hanno ignorato i tre anni formativi, e il cui lavoro non dipende dall’essere iscritti all’Ordine, potrebbero dare le dimissioni, non pagare più quota annuale e multa e mettere in serissima difficoltà il bilancio dell’Ordine regionale stesso. Si può fare? Quando accadrà conto di non essere più il tesoriere della categoria.
Sì però dobbiamo essere seri. Non è solo questione di correttezza nei confronti dei colleghi che si sono impegnati a frequentare, spesso anche investendo denaro. È anche l’occasione per fare pulizia e dimostrare che l’Ordine è una cosa seria, altrimenti è una barzelletta. Di barzellette in questo Paese ne abbiamo fin troppe.
E tutti quelli che, come me, si sono “sbattuti” e hanno fatto sacrifici per partecipare ai corsi e ottenere i famosi 60 crediti? Devo sentirmi un “fesso”? Sono stato dunque uno stupido a rispettare la regole?
no Fabio, hai fatto bene, come i tanti che hanno racimolato, sacrificandosi, i 60 crediti. Per quello che ne sappiamo oggi ad occuparsi delle sanzioni saranno i disciplinari regionali, quindi con una delle sanzioni abituali. Quello che secondo me non hanno capito a livello nazionale è che ci vorrà un tempo infinito ad esaminare tutti i casi degli inadempienti, forse anni. Resta il fatto che i crediti è sempre meglio averli, perché una forma di sanzione ci sarà certamente.
Egregio Giorgio, sono un pubblicista dell’ordine della Lombardia che volutamente non ha partecipato ai corsi di formazione. Per un motivo molto semplice: l’Ordine non tutela né il mio lavoro né la mia professionalità, come invece fanno tutti gli altri ordini professionali. Non puoi fare l’architetto, lo psicologo, il medico, l’ingegnere se non sei iscritto al relativo Ordine. Chiunque può fare attività giornalistica anche senza essere iscritto all’ODG e senza gli oneri economici che questo comporta, dalla quota annuale all’iscrizione all’Inpgi. Peraltro: svolgono attività giornalistica persone non iscritte all’ODG che accettano compensi di 8 euro lordi a pezzo senza nessuna coscienza del valore dell’attività giornalistica. Sono un libero professionista e per stare sul mercato ho la necessità di essere aggiornato, ma mi aggiorno su ciò che mi interessa e da chi penso possa arricchire la mia professionalità. Verrò radiato? Potrò comunque continuare a fare attività giornalistica, come hanno fatto altri, radiati per motivi ben peggiori. Nel caso ciò accadesse farò in modo di riavere indietro le decina di migliaia di euro che in 20 anni ho versato all’Inpgi per una pensione che, stanti i calcoli attuali, non mi permetterebbe nemmeno di sopravvivere. Ho fatto due conti e investire quella cifra in un piano di accumulo sarebbe decisamente più vantaggioso per la mia vecchiaia. In quasi 20 anni di iscrizione dall’Ordine ho avuto giusto il bollino per entrare gratis in qualche museo. Nulla di più. Questa è la realtà quotidiana di tutte quelle migliaia di persone che lei cita e che non hanno voluto impiegare tempo e denaro per partecipare ai corsi di formazione (e tralascio qualunque considerazione sulla qualità dei corsi erogati, che sarebbe puramente soggettiva).
Caro Claudio, capisco la sua incazzatura. Ma debbo precisare questo: per svolgere questa professione è assolutamente necessario essere iscritti all’Ordine dei giornalisti, elenco pubbliciti o professionisti. Per essere assunti da un editore, ma anche semplicemente per collaborare. E’ una norma di legge, l’iscrizione è vincolante a qualsiasi tipo di rapporto di lavoro giornalistico. Poi è vero che c’è gente che non è iscitta e collabora, ma quell’editore (se di editore si tratta) rischia molto. Per quanto riguarda i crediti ad oggi non c’è un elenco di possibili sanzioni per gli inadempienti. Vedremo con l’anno nuovo. La radiazione non credo, bisognerà valutare ogni caso. Ma anche qui, i radiati non possono scrivere su nessuna testata, gli editori che lo permettono si assumono una responsabilità enorme, una denuncia penale e mettono a rischio la loro stessa impresa. La radiazione è una via senza ritorno, e se lavori sotto falos nome le conseguenze sono ancora peggiori. Io non sono come funziona l’ordine della Lombardia, io sono un consigliere di quello del Piemonte e debbo dire che ci siamo adoperati in ogni modo per favorire l’aggiornamento, centinaia di eventi tutti gratuiti, occasioni anche importanti che hanno permesso a chi non ha lavoro di aggiornarsi e allo stesso tempo sviluppare contatti con altri colleghi. Io, ripeto, non sono mai stato favorevole a tutto questo, ma se fatto bene, organizzato come si deve, con grande partecipazione da parte di tutti, è sempre una buona occasione per stare dentro questo lavoro.
Giorgio mi scusi il tono che è sembrato incazzato, e ovviamente non ce l’ho con lei. Ho trovato il suo blog tramite la segnalazione social di un conoscente giornalista professionista e mi sono permesso di commentare. Ciò premesso, devo contraddirla: posso personalmente citarle almeno due decine di persone di mia conoscenza che lavorano per testate giornalistiche di rilevanza nazionale e di primari gruppi editoriali, che svolgono attività giornalistica, sia su cartaceo che online, come collaboratori senza essere iscritti all’ODG. Per non parlare della stampa specializzata cosiddetta B2B dove ci sono anche “direttori” (lo metto tra virgolette, ma compaiono nel colophon) non iscritti all’Ordine. Per non citare il mondo dei blogger che diventano collaboratori, firmano pezzi, vengono inviati a eventi e conferenze stampa senza essere iscritti all’Ordine. Non conosco nessuno a cui sia stato chiesto il tesserino per collaborare o per il quale la non iscrizione all’ordine sia stata discriminante. Parlo chiaramente del mondo dei collaboratori esterni, per quanto abbia avuto notizia anche di non iscritti all’ordine che hanno lavorato, temporaneamente, all’interno delle redazioni. Non ce l’ho con loro, non è astio né invidia la mia, credo che il merito sia più importante di un tesserino. Tuttavia non posso accettare di dover impiegare tempo e risorse personali per un obbligo a fronte del quale non c’è né tutela né vantaggio. Se l’Ordine ha un ruolo, che faccia il confronto tra l’anagrafica dei pagamenti dei gruppi editoriali e l’elenco degli iscritti. Altrimenti è come il contribuente fedele che sbaglia una volta e viene punito con sanzioni e interessi quando accanto a sé ha evasori totali: la metafora è forte, ma dipinge perfettamente la situazione del lavoro giornalistico in Italia in questo momento. Mi creda, è così.
Le rispondo ancora una volta. A La Stampa, Repubblica o Corriere, e in tutti gli altri quotidiani italiani, su carta o in rete, non puoi essere dipendente e nemmeno fare il collaboratore esterno se non sei iscritto all’Ordine. E’ una legge dello Stato. Punto.
Anche io mi sono dato da fare per arrivare a 60 crediti nel triennio. Spero che vengano adottate sanzioni nei riguardi di chi non ha rispettato la Legge…
direi di sì, per ora quello che non si capisce da Roma è il tipo di sanzione che i Consigli di disciplina regionali dovranno adottare.
Ho sempre seguito i corsi e, con gli ultimi due previsti a dicembre, avrò i miei 60 crediti. A Trieste la piattaforma Sigef ne ha offerti parecchi, molti dei quali gratuiti. E’ una città piccola, bene o male ai corsi ci si va a piedi, o in auto ci metti 5 minuti. Non li ho mai trovati interessanti, tranne forse uno, e come molti colleghi, credo quasi tutti fra quelli che hanno il tempo contato, ho selezionato quali scegliere in base alla vicinanza a casa e ai crediti offerti. Ho fatto i compiti, quindi, solo perché non ho voglia di incappare nel giudizio universale dell’Ordine, di cui a 1 mese dalla fine del triennio NESSUNO, nemmeno Lei, Giorgio Levi, ha la più pallida idea di cosa si rischi. In tre anni nessuno è stato capace di far rispettare questi obblighi né tantomeno di mettere chiarezza sulla “sanzionabilità” che, come sempre accade in Italia, rimane solo un parolone metafisico che dice tutto e niente. Che è e sarà tutto e niente. Ciò premesso, concordo al 100% con Claudio Giovanni Gervasoni. Quando ho avuto bisogno di essere tutelata, prima dall’Ordine di Milano, poi da quello di Trieste, mi sono sentita rispondere che non sapevano cosa dirmi e che se non mi andava bene potevo rinunciare ad essere giornalista. Ed è verissimo che oggi lavorano molto di più i non giornalisti dei giornalisti. E’ così, mi creda Giorgio Levi: lei dice che in Piemonte non funziona così, e invece funziona così anche in Piemonte. Di nomi di chi scrive su testate importanti ne conosco parecchi e lo fanno senza tessera: tanto basta avere una tastiera.
Alice, sull’efficacia dei corsi formativi hai tutta la mia comprensione, dove l’offerta è modesta o distante meglio prendersi i crediti online, come ho fatto io e i corsi che ci sono bastano per 20 crediti all’anno, dunque il più è fatto. Per quanto riguarda le sanzioni l’Ordine nazionale ha detto che ci devono pensare gli Ordini regionali, il che, come ho detto, non è tecnicamente possibile. Aspettiamo le nuove elezioni dell’Ordine, probabilmente a maggio, e cambiamo subito la composizione del Consiglio nazionale, eleggiamone uno che sappia decidere che cosa fare sui corsi formativi e su tutto il resto. Io non dico che non lavorino i giornalisti senza tesserino, io dico che le aziende editoriali (giornali, tv, internet) che li pagano, questo è il discrimine, e li fanno lavorare rischiano una denuncia in tribunale con conseguenze molto gravi per la loro attività. Per questo la maggior parte degli editori assume o consente di collaborare solo ed esclusivamente se la persona è iscitta all’Ordine dei giornalisti. Tutto il resto è fuori legge, e ognuno se ne assume la propria responsabilità.
Riguardo ai corsi online… Proprio ieri, parlando con alcuni colleghi (Roma e Milano) mi hanno raccontato come siano riusciti a passare i test e a racimolare crediti grazie alla “circolare” che gira nel settore con le soluzioni già pronte grazie a gruppi di lavoro organizzati che si trovano per stilare le risposte corrette e “farle girare” 😀 . Resto dell’idea che il miglior corso formativo in assoluto sia il lavoro stesso, ma quando uno deve mollarlo lì per andare a frequentare un corso sull’importanza della lingua furlana, sinceramente…
Ho letto l’articolo e qualche commento sul sacrificio economico e di tempo di chi ha fatto le cose per bene e mi sento di dire una sola cosa: io ho preso questo obbligo da subito come un’opportunità non solo per aggiornarmi ma anche per incontrare colleghi che non avrei se no mai conosciuto, per confrontarmi su alcune tematiche importanti come quella del giornalismo nell’era digitale, oltre che per imparare dai tanti professionisti, non solo giornalisti, che ci hanno fatto lezione. Per cui concludo dicendo che per me chi non ha adempiuto a tale obbligo s’è già punito da solo perdendo una grande opportunità per imparare qualcosa e quindi non mi importa come finirà la storia delle sanzioni, io vado dritta per la mia strada e continuò ad aggiornarmi, da sola o con il supporto gratuito dell’odg.
GiardinoRomano, sono anche io della stessa idea, seppur non posso che esprimere sconcerto quando rilevo che fondamentalmente, prima di organizzare Corsi di Formazion – riempendosi anche la bocca sugli stessi (parlo per la mia Regione) – sia anche abbastanza intelligente predisporre anticipatamente forme sanzionatorie, così da far capire chiaramente (e non a taralluci e vino) a cosa si potrebbe andare incontro là dove non si partecipi, per i tanti che letteralmente se ne fregano (ed in questo “se ne fregano”, ci inserisco i tanti che se ne fregano dei contratti, della circolare con le risposte, dell’etica e della deontologia, etc etc.
Dalle mie parti, il 90% dei non assunti (collaboratori esterni, precari con e senza p.iva, etc) lavora con compensi al nero e, indipendentemente da ciò, è sottopagato e nel clima più generale di illegalità che vige e perpetua da sempre, queste sono considerate “consuetudini” a cui nemmeno bisogna tanto preoccuparsi.
Personalmente, a dicembre, ho scoperto di averne più di 130 di crediti(e senza nemmeno affrontare i corsi on line (a proposito, gli ultimi europei, li ritengo molto più interessanti di tutti quelli on line) proprio perchè, soprattutto i primi tempi, ritenevo queste “opportunità” un bel valore aggiunto e non un obbligo-dovere. Ma con il tempo ho anche notato che molti, se non ripetitivi, risultavano poiessere solo delle “passerelle”, o – peggio – dei “convegni” che poco mi arricchivano e che, di recente, riscaldano i motori per le prossime elezioni.
Eppure – ipotizzo – basterebbe aggiungere la possibilità di poter partecipare “on line” (in streaming web) affinché una parte del problema si possa risolvere (così come fanno alcune università on line per i loro corsi) e – ipotizzo – far pagare un simbolico euro a chi opta per questa scelta (incrementando così le casse dell’Ordine).
Ma di soluzioni ce ne sarebbero tante altre, logicamente per prevenire esiti negativi come questo descritto nella nota del dott. Levi che personalmente ringrazio e saluto, così come a tutti voi.
Salvatore, sono d’accordo su tutto, la sanzione era la base su cui fondare i corsi di formazione, senza quella il numero di quelli che non li seguiranno sarà ancora maggiore.
Sì è vero sono d’accordo Salvatore Sparavigna e Giorgio Levi, anche sul fatto che ci sono corsi abbastanza inutili e ripetitivi soprattutto in questo terzo anno, ma resta il problema che l’Ordine non può permettersi di perdere iscritti paganti e quindi non farà mai pulizia e non renderà mai effettive le sanzioni se mai ci fossero, o meglio se fossero chiare.
Dalla mia esperienza, infatti, chi per contratto o collaborazione esterna è obbligato a essere iscritto all’Ordine li ha frequentati diligentemente i corsi (agli appuntamenti incontravo tanti anche famosi che lavorano per testate importanti o in TV).
Il problema è per chi è in nero o chi non ha in realtà bisogno dell’Ordine per lavorare, per tutti coloro i quali sono giornalisti solo perché hanno il tesserino e pagano le tasse più o meno regolarmente, ma non praticano la professione.
Questi ultimi sono infatti tantissimi, secondo me la maggior parte, tanti che utilizzano il “titolo” solo per il curriculum ma che a malapena sanno scrivere in italiano, e io lo so bene visto che nei miei mesi di stage ho corretto e riscritto tanti articoli che sono poi usciti a firma di qualcun’altro di importante ma che non sapeva articolare un pezzo in modo efficace, o semplicemente non ne aveva il tempo perché preso dalla sua professione principale, per lo più politica o imprenditoriale… quindi io ho fatto prendere tesserini da pubblicisti a parecchie persone, oltre ad aver preso il mio :D…
…comico, ma anche triste perché adesso con questo obbligo di aggiornamento tutti questi “falsi giornalisti” sono usciti allo scoperto… Ma nulla si fa e nulla si farà perché finché pagano o finché c’è la speranza che un giorno si mettano in regola con i pagamenti tutto si tollera.
trovo semplicemente che tutta la storia dei crediti formativi sia una vergognosa truffa. Per cui non ho nessuna intenzione di pagare multe o partecipare a successivi corsi. Come giustamente fatto notare il tesserino non è mai servito per lavorare quindi se il prezzo della mia presa di posizione è restituirlo che qualcuno venga pure a prenderlo. L’alternativa è darmi i crediti honoris causa. Che si tenga presente che senza tesserino non sarei ufficialmente più giornalista per cui anche i versamenti dei contributi all’Inpgi non avrebbero più ragion d’essere.
Massimo, per quanto riguarda l’utilità dei crediti formativi sono in parte d’accordo. Ma c’è un non trascurabile particolare, se non vuoi più il tesserino da giornalista devi dimetterti, nessuno verrà a prenderlo, e se non ti dimetti sei tenuto a pagare la quota. Tieni conto che l’Ordine è un ente di diritto pubblico, governato da una legge dello Stato, per cui la quota non è facoltativa, è un obbligo di legge, come i crediti formativi. E’ come se non pagassi il bollo dell’auto, prima o poi lo dovrai fare. E così è la quota, ogni anno si accumula l’arretrato e poi lo dovrai comunque pagare. Perciò ti consiglio d’inviare un mail con le dimissioni in posta certificata al tuo Ordine e di consegnare il tesserino alla segreteria.
io la quota la pago, come pago l’INPGI, e non mi dimetto da niente. Semplicemente non faccio corsi per pagare lezioni fatte da pensionati, o faccendieri vari, che di cosa è oggi la professione ne sanno meno di me.
su questo sono d’accordo, anche se sono un professionista pensionato, d’altra parte non sono ancora state stabilite le sanzioni per chi non ha seguito i corsi, va però detto che non sono un capriccio dell’Ordine, ma il frutto di una legge dello stato che impone e obbliga tutti gli ordini professionali a predisporre i corsi di aggiornamento.
Questa dei crediti è una buffonata….mio malgrado come pubblicista non riesco più a lavorare da alcuni anni, causa editori furbetti che NON VOGLIONO pagare il lavoro giornalistico.
Ho fatto diverse cause contro testate, peraltro tutte vinte, per riavere quei quattro spiccioli elargiti come “stipendio”.
Anni persi, spese legali, ostracismo da colleghi ed editori che ora mi vedono come pecora nera soltanto perché ho fatto valere i miei diritti.
100 euro buttati via ogni anno, ed ora magari mi cancelleranno dall’Albo dopo 25 anni di onorata carriera, tra tv, radio e carta stampata.
Mio malgrado, dovendo tirare a campare, non ho né soldi né voglia di aggiornarmi per quello che non sarà mai più il mio lavoro probabilmente.
Come me migliaia di persone nella analoga situazioni.
Qui alcuni fanno i soloni, evidentemente sono persone ricche di famiglia oppure lavorano con stipendi e tutele che la maggior parte di noi si sogna.
Vergogna !!!!!
Complimenti per la chiarezza dell’articolo. Io sono uno degli inadempienti totali, ho preso in considerazione l’ipotesi di essere radiato, ma per pressanti impegni familiari e lavorativi non ho potuto, né voluto, seguire i corsi di formazione, peraltro di non facile fruizione, almeno nella mia regione (la Puglia).
Tuttavia, pur comprendendo l’indignazione di chi si è adoperato per ottenere i crediti necessari, credo che non sia una mossa intelligente per i vari ordini regionali rinunciare alle quote annuali di migliaia di giornalisti spesso dormienti, come nel mio caso. Persone che, evidentemente, non campano d’informazione, ma danno ugualmente un prezioso contributo economico. Avanti di questo passo, senza scomodare chi vuole abolirlo, l’ordine rischia l’autoestinzione.