Qui tutto sembra passare allegramente in cavalleria. In fondo, con anno di tempo che vogliamo fare oggi? Una domanda tuttavia me la porrei: quanto è costato al gruppo Espresso-La Repubblica l’ingresso de La Stampa nella loro società? O meglio De Benedetti ha pagato o no? E più in dettaglio: quanto vale (o valeva), in termini economici e finanziari, il quotidiano di John Elkann?
A leggere le dichiarazioni queste domande non hanno senso. In fondo, come hanno fatto sapere da Fca e da Cir, si è trattato della costituzione di un “polo editoriale”. Ognuno ci mette del suo e insieme costruisci una casa editrice più potente e più redditizia di prima. Il fatto è che non è esattamente così. Riporto da Il Sole 24 Ore i termini dell’operazione:
“La mappa dell’azionariato del nuovo gruppo editoriale che si verrà a definire, il cui perfezionamento è previsto entro il primo trimestre 2017, prevede la Cir al 43% circa, Exor al 5% circa, la famiglia Perrone (Ital Press Holding) al 5% circa, altri azionisti Fca all’11% circa e, infine il 36% circa del capitale sarà costituito da flottante. Attualmente Itedi è controllata da Fca per il 77% è partecipata dai Perrone al 23%, mentre il Gruppo editoriale L’Espresso è controllato da Cir al 54% e per la quota rimanente (46%) da altri azionisti“.
Lo capirebbe anche un bimbo. Tra un anno la società Itedi (di cui fa parte La Stampa) passerà sotto il controllo della Cir di De Benedetti e forse non si chiamerà nemmeno più così. A Exor (famiglia Agnelli) e ad altri pellegrini restano un po’ di briciole. E quel 77% di Itedi oggi controllato da Fca dove è andato a finire? Nel polo, certo.
A marzo del 2017 La Stampa sarà sotto l’intero controllo di De Benedetti. Ma quanto hanno sborsato gli eredi del principe Caracciolo per mettersi in sacoccia il terzo quotidiano d’Italia? Zero euro, zero tituli. Può essere che questa sia una ricostruzione un po’ alla carlona, ma io un filo mi preoccuperei. E mi domando: ma quanto vale (o valeva) La Stampa sul mercato? Voglio dire, tutto l’ambardan di giornalisti, tipografi, rotative, immobili vari, presenza sul mercato, abbonamenti, portafoglio pubblicitario e tutto il resto. Ha un prezzo?
L’impressione è che questa operazione sia stata indolore sotto il profilo economico per entrambe le parti, nessuno ha vinto nessuno ha perso, ma è stato del tutto annientato il valore sociale e culturale e storico di uno dei più antichi giornali d’Italia, valutato zero in una trattativa che aveva il solo obiettivo di sbarazzarsi di un peso (per sua stessa dichiarazione Elkann abbandona il mercato editoriale italiano) e accrescere il valore della concorrenza. Perché De Benedetti ha detto sì? Per amicizia? Per antichi legami? Perché è un business (slurp) che potrebbe interessare ad investititori esteri?
Un giorno sapremo. C’è tempo, un anno. Infine il domandone: l’auto Fiat, cambio una volta l’anno in condizioni di grandissimo favore ai giornalisti della Stampa (solo articolo 1, neh, gli altri ciccia) sarà ancora garantita da De Benedetti? Mumble.