Settimana moscia. Notizie che ci facciano saltare su divano, zero. Registro soltanto la campagna di Beppe Giulietti a sostegno della sua candidatura a presidente della Federazione Nazionale della Stampa. E l’appello con tweet e ritweet per un appoggio unitario della categoria. Che non c’era due mesi fa e non ci sarà questa settimana, quando Giulietti sarà eletto. Di correnti e correntine non me ne intendo, mi occupo di faccenduole giornalistiche locali, non ho conoscenza, nè fonti che mi dicano perché è nato questo dissidio. So che c’è.
Quello che mi domando è: era necessario ricorrere ad un appello pubblico firmato da Renzo Arbore, Neri Marcorè, don Ciotti, Roberto Saviano e altre star del circo mediatico per promuoversi e presidente di un sindacato? Giulietti ha ricoperto incarichi rilevantissimi in questa professione e in politica, anche con molti meriti, ma la presidenza a cui ambisce è quella di un sindacato. Certamente rilevante per il ruolo che i giornalisti hanno nella vita sociale, ma modesto nella consistenza, nel ruolo che ha al di fuori di questa categoria e soprattutto nei numeri. E poi c’è un segretario a cui spetta il compito politico e di guida.
C’è qualche stonatura di troppo in tutto questo, ma non so dov’è. Forse da mercoledì si capirà meglio.
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