Leggo (con un po’ di ritardo) un ordine del giorno approvato dal Consiglio nazionale dell’Odg. Lo si può leggere qui.
Che cosa dice. Il tema è la revisione degli iscritti all’Albo professionale. Ad ogni seduta, qui in Piemonte (ligi come siamo alla legge) verifichiamo chi ha i requisiti necessari per rimanere iscritto all’albo professionale (professionisti e pubblicisti). Revisione a cui vengono sottoposti tutti, fino al 15esimo anno d’iscrizione, dopo di che si è giornalisti a vita. E’ un lavoraccio e lo dico con cognizione di causa. Il numero degli iscritti che non ha più i requisiti è foltissimo. Ogni caso fa storia a sè, noi apriamo una istruttoria con la quale cerchiamo di capire perché e per come il collega sottoposto a revisione non è in grado di dimostrare che continua realmente a svolgere questa professione. Ci sono casi palesi, altri complessi, altri incerti. L’Ordine nazionale impone queste revisioni e dobbiamo, anche nei casi più penosi, procedere alla cancellazione. E’ un punto sul quale da Roma ci sfrantumano molto. Il bilancio non può e non deve contare su crediti esigibili (molto sono pure morosi) quando è chiaro che il collega non svolge più la professione o nel caso dei pubblicisti non collabora più da almeno tre anni.
Ora, l’Odg che cosa ha fatto. Ha deliberato che chi non può “temporaneamente dimostrare di possedere i requisiti previsti” di chiedere “il differimento della revisione ad una data successiva comunque non superiore a due anni”. Di fatto la “pulizia” dell’Albo (che ha ormai raggiunto il record di 120 mila iscritti, i pubblicisti sono la stragrande maggioranza) si dovrà fermare.
Perché. Le ipotesi sono le più svariate. Il sito Voltapagina ne espone alcune. Le associazioni di stampa (Veneto, Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige, Basilicata, Liguria e Puglia) sono insorte con questo documento comune.
In sostanza da ora in poi “gli iscritti sottoposti a revisione e che non possono temporaneamente dimostrare di possedere i requisiti previsti nel suddetto documento di indirizzo, possono chiedere il differimento della revisione ad una data successiva comunque non superiore a due anni. Tale facoltà viene riconosciuta anche a tutti i giornalisti che hanno presentato ricorso e per i quali l’impugnativa non sia ancora definita”. Secondo Voltapagina e alcuni consiglieri nazionali che si sono opposti al provvedimento quest’azione “consente ai circa 50 mila pubblicisti che non esercitano affatto la professione giornalistica, e spesso nemmeno l’attività pubblicistica, tutti quanti sconosciuti all’Inpgi (l’istituto di previdenza dei giornalisti), di rimanere comunque iscritti all’Albo, quindi di poter partecipare alle elezioni del prossimo anno e, probabilmente, con l’organizzazione ormai collaudata delle loro “truppe cammellate”, di essere decisivi nella scelta dei nuovi consiglieri e dei nuovi vertici ordinistici. In altre parole, di consentire che il governo dell’Ordine professionale dei giornalisti continui – incredibilmente – ad essere governato da una ristretta oligarchia alleata e sostenuta dai pubblicisti, una buona parte dei quali iscritti ad altri Ordini e che di professione non fanno i giornalisti. Un caso più unico che raro al mondo. Con “metodo tafazzi” per la categoria, si potrebbe dire. Come se l’ordine dei medici fosse governato dagli infermieri, o dai geometri”.
Così, di fronte ad un Ordine che sta andando in frantumi (la scarsissima affluenza ai corsi di Formazione ne è una delle prova più evidente), con l’Inpgi in grande difficoltà, sono cominciate le grandi manovre di Enzo Iacopino per fare in modo che tutto resti così com’è e che la riforma stia chiusa in qualche cassetto ben sigillato.
Dico da tempo che anche una riforma non servirebbe a tenere la macchina in strada, sono convinto, ora più di prima, che soltanto l’abolizione dell’Ordine potrebbe ridarci un minimo di dignità.
Cero che leggendo questo post mi chiedo davvero se valga la pena continuare ad essere giornalista iscritta ad un albo. Inventare una regola che tuteli chi non scrive più ( pubblicista o professionista che sia) è uno schiaffo sonoro sulla faccia di chi, come me, frequenta i corsi di formazione (partendo da casa all’alba)perché così chiede il regolamento dell’Ordine. E aggiungo anche la regolare contribuzione versata all’Inpgi .E tutto per restare iscritti, perché si continua a collaborare con testate che non ti danno un compenso ma un rimborso spese. Vale la pena? Le propongo un’indagine: censire tutte le testate giornalistiche del Piemonte e chiedere quanto pagano i propri collaboratori. Poi pubblicare i risultati su questo blog. Sarebbe un post davvero unico nel suo genere
“soltanto l’abolizione dell’Ordine potrebbe ridarci un minimo di dignità”. Grazie di averlo detto per i tanti che, come me, considerano l’OdG una macchina arretrata e inutile per la tutela di chi esercita questa professione (di questi tempi con enorme fatica su tutti i fronti).