Se ad un bambino si chiede: vuoi più bene alla mamma o al papà? Quasi certamente dirà: a tutti e due! E poi allargherà le braccia sorridendo. Se ad un giornalista si domanda: vuoi più bene all’ordine o al sindacato? Quasi certamente urlerà: va fan’culo! E compirà con le braccia il gesto dell’ombrello per farsi capire meglio.
Sono tempi grami. L’ordine è arrivato al capolinea, è fermo sulla banchina e così com’è non ripartirà. Sono mille le ragioni, delle quali si discute in abbondanza. La realtà è che non si può far correre una locomotiva vecchia, lenta e inadeguata a trasportare 110 mila persone. Potrebbe disgregarsi da solo o sotto la spinta del malcontento generale. Propendo per la prima ipotesi, le contestazioni e i malumori non producono effetti sugli intrecci romani. Ad ogni seduta del consiglio, qui in Piemonte, arrivano lettere di colleghi che restituiscono la tessera. “Spettabile Ordine, non mi serve più”. Adieu, sarai più felice altrove amico.
Il sindacato spesso sale sugli specchi con le unghie, perché come dice nel suo blog il segretario di Subalpina Stefano Tallia “l’obiettivo di ogni potere è la divisione dei lavoratori”. Vale per tutti, e gli editori non sanno resistere alla tentazione di separarci, anche a botta di contratti diversi, nelle nostre stesse case. Il sindacato deve perciò reinventarsi quasi ogni giorno ed è un bene certo, ma è anche una macchina complessa da guidare. E secondo me, proprio per questo, ha la necessità di affidarsi a quei ragazzi che hanno appena cominciato questa professione e che stanno lì dentro le redazioni a combattere le battaglie quotidiane. O che hanno fatto della libera professione, spesso per necessità, il loro mestiere. E’ una mutazione necessaria, come mai lo è stata per il sindacato in almeno mezzo secolo di storia.
Vedo nella lista di Insieme per la Subalpina nomi di colleghi professionali e collaboratori che si candidano per la prima volta al ruolo di delegati al congresso della Fnsi. Premiamoli andando prima di tutto a votare e mandadoli a Chianciano. Saranno i figli e i nipoti dei leggendari delegati di Villasimius, di cui si parla ancora oggi come di un evento passato alla storia, pietra miliare quanto l’incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele a Teano. Finalmente avranno l’occasione di scrivere un’altra pagina.
Se usciranno sobri da quell’inferno di tristezza che è Chianciano, vorrà dire che avranno fatto la scelta migliore. Il sindacato rimane l’ultima frontiera a difesa di chi fa questo mestiere. Poi non c’è altro.