Fine anno, primi sette mesi da consigliere dell’Ordine. Come è andata. Potrei dire che il bilancio economico chiude in attivo, che il consiglio ha esaminato con il consueto scrupolo decine di casi controversi (esclusi quelli disciplinari trasmigrati ad altro consiglio), che sono sfilati direttori e aspiranti giornalisti, che si è addentrato in regolamenti minuziosi, che ogni pratica di richiesta di tesserino è passata al setaccio, che la revisione degli iscritti è severa ma corretta. Potrei dire che il clima conflittuale interno (anche tra alleati), si è stemperato, che il lavoro di tesoriere è impegnativo (pure troppo), che i contrasti sono meno spigolosi, che la generale correttezza dei consiglieri è un segno di civiltà e di buona educazione. Potrei dire in generale che il buon senso prevale sempre. Che tutti lavorano gratis e con un impegno ammirevole, che fuori da qui non avevo percepito.
Potrei dire tutto questo e molto altro. Ma. Ecco, è come se un fotografo scegliesse di fare uno scatto solo ad un gruppo di persone, non cambiasse inquadratura, non decidesse di spostare l’obiettivo su altri dettagli. L’Ordine è questo. Una macchina guidata con giudizio che cammina adagio per non sbandare, non corre, non supera mai i limiti, non scommette, non osa, e forse non sa (o non vuole sapere) che la strada non è più quella di cinquant’anni fa. L’era della rete la vedi dal finestrino, ma non la senti sotto le ruote.
Insomma, non c’è una politica generale che faccia capire agli iscritti che l’Ordine esiste, che lavora e che ogni giorno mette radici sul futuro che scorre. Chi ha colpa? Gli ordini regionali non spingono sull’acceleratore ma i freni li mette Roma. Le decisioni che contano (consigli di disciplina e aggiornamento professionale permanente) arrivano da lì, senza che nessuno tenga conto che a livello locale molto di questo non si può fare. Chi finanzia l’aggiornamento? Ho esposto al consiglio (e lo dirò all’assemblea annuale sul bilancio) la situazione economica del nostro ordine. Chiudiamo l’anno in positivo, ma non possiamo permetterci di aggiungere uno spillo alle nostre spese. Per aggiornare migliaia di colleghi ci vogliono quattrini e tanti. Roma che dice? Per quanto ne sappia io niente, ci sono un milione e mezzo (circa) di euro da destinare al finanziamento generale. A chi vanno? E come saranno ripartiti? E per che cosa? L’aggiornamento partirà a marzo o aprile. Intanto continuiamo a destinare una quota consistente delle iscrizioni piemontesi all’Ordine nazionale.
Più volte ho detto, sperimentandolo di persona, che quest’Ordine è inutile. Che noi compriamo le penne a sfera a 0,30 euro e a Roma ci sono 140 (mi pare) consiglieri nazionali. Ma è possibile? Qui non abbiamo bisogno di una riformetta, ma di azzerare (non abolire) tutto quello che c’è. Si prende una ruspa e si tira giù tutto. Sui pilastri che restano (etica e deontologia) si costruisce la Nuova Casa. Che non sarà più di Roma. Che l’abiteranno quelli che fanno questo mestiere tutti i giorni e che di questo esclusivo lavoro vivono. Fine, quelli che scrivono per diletto, passatempo, ego personale, si cercheranno un’altra abitazione, ma non saranno giornalisti.
Vorrei infine dire che oggi l’iscrizione all’Ordine è una tassa che dobbiamo pagare per fare questo mestiere. E questo è inaccettabile. Rendiamo volontaria l’iscrizione alla Nuova Casa. Così, come fa il sindacato, si dovrà conquistare i suoi iscritti. E’ una grande sfida nella logica del tempo, è nel divenire della professione, è nel cambiamento epocale dell’informazione. Si può e si deve ancora stare insieme nel futuro, ma ora è il momento di chiudere in fretta e per sempre una stagione che ha fatto il suo tempo.