Debbo una spiegazione iniziale, se no va’ a finire che non ci capiamo. Questo è un blog, ovvero un diario, non un sito. Lo so, a volte i concetti hanno bisogno di tempo per essere assimilati. Comunque, è un blog. Il primo che ho avuto è della seconda metà degli anni Novanta, l’avevo costruito, come altri blogger di quel tempo, manualmente (come si faceva allora, grafica compresa) su una piattaforma online americana. I pionieri hanno questo difetto, danno per scontato che chi legge in rete sappia quello che sta facendo. Il blog può rompere le balle come un diario, ma lo fa per tenere un dialogo con chi legge, un contradditorio, avere un parere discorde. Chi vuole dirmi che sono un pirla può farlo sia sul mio profilo Facebook, sia a questa pagina fb costruita appositamente per confrontare opinioni. Basta chiedere di iscriversi. In genere non censuro nessuno, nemmeno quelli a cui taglierei la testa. Detto ciò, detto tutto.
Dunque, torniamo alle sedute del consiglio dell’Ordine. Nell’ultima di venerdì è tornata in primo piano la questione della riservatezza a cui sono tenuti i consiglieri e sul fatto che (secondo il regolamento interno) le sedute non sono pubbliche. Ora, io mi sto annoiando mortalmente su questa storia. “Le sedute dell’Ordine non sono pubbliche e i consiglieri sono tenuti alla riservatezza”. Embè? E’ sbagliato, è controproducente, è fuori dal tempo, dagli anni che attraversiamo, lontano un milione di chilometri dall’opinione che i colleghi che stanno nelle redazioni, o che nemmeno un lavoro ce l’hanno e quando c’è è precario, hanno di noi che sediamo in quel consiglio. Che importanza hanno due righe sulla presunta riservatezza a cui dovremmo essere tenuti? E’ un regolamento, non le Tavole della Legge. Si prende e si cancella. Si cambia, se ne fa uno dove si dice che le sedute sono pubbliche. Punto.
Ma in realtà la difficoltà è proprio questa. Ad ogni riunione è un fiorire di leggi, codicilli, regolamenti, paragrafi, è un parlare burocratese che fa venire il latte ai gomiti. Quest’Ordine (come dimostrano i tre anni precedenti) è totalmente privo di una conduzione, non si capisce quale sia l’obiettivo politico, il fine che vuole dare alla propria azione. Qui la domanda base non se la fa nessuno. Perché esistiamo? Perché si può essere eletti consiglieri di un Ordine che conta più di mille professionisti con appena 100 voti? E’ possibile che non venga in mente che siamo lontani milioni di chilometri dal mondo reale del lavoro e che questo atteggiamento rende l’Ordine di fatto inutile? Questa è la “politica” e qui non la vedo, non la sento, non capisco dov’è. Con tutta questa riservatezza daremo l’ultimo colpo di piccone alla chiusura della baracca. E visto che le cose stanno così sarà la soluzione migliore, alla fine.
Resto della mia opinione, io sono lì per perseguire l’obiettivo chiave della trasparenza. Lo farò con i mezzi di cui dispongo. Anche scrivendo su quello che questo regolamento ridicolo nega. Perché o si fa così, o fondiamo un club per dieci persone che ad ogni seduta si sbizzarisce a citare il codice civile. Che dire? Buon lavoro, abbiamo tutti molto altro da fare.