giorgio levi

“Un Ordine così è dannoso”

galibier

Battista Gardoncini è un collega della Rai che conosco e che stimo. Commentando il post di questo blog di ieri, scrive: “Un ordine così non è inutile, ma dannoso. E non vedo perché si debba legittimarlo con il voto”. Perciò Battista non è venuto al seggio. Come altri, anche se l’affluenza non ha registrato variazioni rispetto a tre anni fa. Come si dice, è stata nella norma (il fatto semmai è che la norma non è mai strepitosa). 

Gardoncini dunque dice che l’Ordine non è inutile, è dannoso. Sono d’accordo sulla inutilità, il dannoso è eccessivo. E’ vero che ogni anno ci cava dalle tasche la quota d’iscrizione senza che nessuno di noi sappia realmente a che cosa serve (il 70% per cento va all’ordine nazionale di Roma, tanto per intenderci), ma questo può essere l’unico danno reale. L’Ordine, in fondo, non dà l’idea di coltivare illusioni o speranze,  non si schiera, non accusa,  non è un punto di attrito, di contestazione, di presa di forti posizioni. Questo non è un danno, caso mai ne determina, secondo i miei parametri, la sua inutilità. 

Si può cambiare? Personalmente non avevo nessun bisogno di cacciarmi in questa storia. Stavo bene dov’ero alla Subalpina. L’ho fatto per due ragioni. La prima è che, come nel sindacato, qui i consiglieri non sono pagati. E spesso si tratta di un lavoro vero, con faldoni da esaminare, carte, pratiche burocratiche, firme, cavilli. Chi lo farebbe gratis? Se non uno che crede davvero si possa mettere mano a questo elefante, fargli il pieno di benzina e metterlo in moto?

La seconda ragione è  morale (bah, di questi tempi). Chi era dietro lo striscione della Subalpina al corteo del Primo Maggio (una presenza  che non è mai inutile e nemmeno dannosa) sa che al passaggio in piazza Castello ci siamo beccati insulti, e un paio di sputi che ho visto volare, dai contestatori NoTav. Ho sentito: “Bastardi! Porci! Venduti!”. Beh, sappiamo, ci può stare.  Il fatto è che la delegazione della Subalpina era formata soprattutto da giornalisti disoccupati, in cassa integrazione, appesi a contratti di solidarietà, pagati un euro a pezzo. Vicino a me un collega educato e per bene sottovoce mi ha detto: “Magari fossi venduto! Porterei a casa uno stipendio”. Alla fine degli anni Novanta sono rimasto anch’io disoccupato. Una fatica enorme ricominciare,  tra lentezze, porte chiuse, bisogna sapere che cosa vuol dire pedalare in salita al  Galibier per capire che cosa vuol dire. Altoché venduti. Anch’io, come tanti oggi, guardavo all’Ordine (e devo dire anche al sindacato di allora) come ad un elemento estraneo e anche ostile.

Diciamo allora che è per mettere fine a questo senso d’inutilità e di rifiuto che mi sono candidato. Vorrei aprire la porta, usare la rete come mezzo trasparente e accessibile a tutti per dire che l’Ordine è al lavoro e non conta balle. Dare un senso di appartenza alla categoria facendo dell’Ordine l’alleato naturale della Subalpina. E’ possibile? Ci provo. E nulla al mondo potrà impedirmi di andarmene in qualsiasi momento, se capirò che non si può fare.

In fondo è il bello di questo volontariato, non dovere nulla a nessuno, se non alla fiducia che ti accordano i colleghi pazienti e volonterosi che sono venuti a votare al seggio e che dovranno rifarlo domenica prossima. La fiducia però è un contratto speciale, che vale solo se ci sono reciproca comprensione e buona volontà. Votando, naturalmente.