giorgio levi

Via da Repubblica anche Pino Corrias. Tutte le grane di John Elkann

La portaerei Repubblica (come l’ha definita il direttore della Stampa Giannini) perde pezzi. Forse non gli aerei sul ponte di decollo, ma parti dello scafo sì, e una controllata prima o poi qualcuno dovrà dargliela.

Dopo la partenza di Deaglio e Gad Lerner, esce da largo Fochetti anche Pino Corrias, savonese, 65 anni, una lunga carriera da inviato a La Stampa e opinionista a Repubblica, Vanity Fair, Il Fatto Quotidiano. Una prima firma anche da sceneggiatore di fiction e da documentarista. Per Rai2 ha condotto l’inchiesta in quattro puntate Mani Pulite, con Renato Pezzini.

L’uscita di Corrias e forse quella di altri ancora, coincide con l’annuncio di Carlo De Benedetti dell’imminete uscita di Domani, un quotidiano che si posizionerà a sinistra di Repubblica e che da questo conta di raccogliere una buona parte di delusi lettori. Secondo uno studio elaborato per confermare la fattibilità del progetto in quella posizione d’indirizzo politico dovrebbe esserci una discreta fetta di mercato. Si vedrà. Per il momento l’Ingegnere si dà da fare sul mercato delle penne. Gad Lerner e Deaglio sono pronti a portare le loro borse sotto il suo, si dice, generoso tetto.

Intanto, John Elkann, a capo del più grande gruppo editoriale italiano da appena 25 giorni, già cammina su un terreno minato. Molinari a Repubblica è in rotta di collisione con i suoi giornalisti. Nei giorni in cui s’ipotizzava che diventasse lui il direttore di Repubblica, a Torino erano in molti a dire: “John lo manda lì per tagliare un po’ di posti”.  Fino ad oggi si è mosso per smantellare il lavoro di Verdelli (il cui grossolano licenziamento la redazione non ha mai digerito), sia sul piano dell’impatto grafico, sia nei contenuti molto più filo governativi. Alla redazione non piace, ormai è palese. Molinari ha cercato di attrarre simpatie istituendo il Premio giornalista della settimana ed è stato sommerso di critiche assai poco benevole. L’altro giorno il caso Fca, che chiede a Banca Intesa San Paolo un prestito di 6,3 miliardi con copertura di garanzia dello Stato, secondo le nuove norme del decreto Cura Italia, ha aperto un altro conflitto con la redazione che accusa il direttore di aver dato voce alla notizia solo con opinionisti favorevoli alla richiesta Fca. Su questo Molinari si è rifiutato di pubblicare un comunicato  del Cdr. Che per oggi alle 16 ha indetto una assemblea, alla quale ha chiesto di partecipare anche il direttore, e che ha all’ordine del giorno le dimissioni dei rappresentanti del sindacato.

La questione prestito Fca ha anche aperto un dibattito noiosissimo tra gli esponeti politici. Tra questi il vicesegretario del Pd Andrea Orlando che sul Fatto Quotidiano ha dato la stura alla più vecchia e retriva polemica della storia. Detto in soldoni: i giornalisti scrivono quello che vogliono i padroni, che non sono editori puri e detengono, con sede all’estero, centri di potere. Che palle Orlando, se ci metteva anche Soros era più credibile. Gli ha risposto oggi sulla Stampa il direttore Giannini con un pezzo ineccepibile.

Di mezzo tra i giornalisti si è infregolato pure Bruno Vespa che considera scandalosa la richiesta di Fca. E senza tenere conto che il vero scandalo è lui. Da decine d’anni lavora per la Rai e non ha mai versato, nè per se stesso, nè per i suoi collaboratori, i contributi dovuti all’Inpgi, l’ente traballante di previdenza dei giornalisti, che con quei contributi risanerebbe le sue povere casse. Ma tant’è, Vespa preferisce l’Inps e i contratti dello spettacolo. Che in effetti è proprio il suo ambito.

La riproduzione di questo post è autorizzata esclusivamente secondo l’attribuzione di Creative Commons e in ogni caso va citata sempre la testata del blog specificando il nome Il Times e il link attivo a cui accedere. In ogni altro caso è necessaria l’autorizzazione dell’autore.