giorgio levi

A che cosa servono in corsi di formazione per i giornalisti? Il Fatto Quotidiano non fa sconti: “A cambiare le gomme e a coltivare orticelli”

Ci va giù durissimo Il Fatto Quotidiano di oggi, che dedica un taglio basso, al tema della Formazione professionale per i giornalisti. Nel mirino del giornale diretto da Marco Travaglio un lungo elenco di eventi, dai titoli più improbabili, organizzati dai vari ordini regionali per assolvere al compito formativo previsto da una legge del 2014. Lombardia, Piemonte, Liguria, Lazio, Trentino, Il Fatto ne ha per tutti. C’è una buona parte di verità e qualche esagerazione di troppo. Quello che è certo è che il capitolo Formazione professionale resta aperto. Gli Ordini commettono errori, ma i giornalisti non vogliono farsi formare, spesso da soggetti del tutto estranei alla loro professione. Il tasso di disinteresse è altissimo in tutta Italia. Nel solo Piemonte sono quasi 4 mila i soggetti che non hanno completato (e moltissimi nemmeno iniziato) la raccolta di 60 crediti in tre anni. Dunque, se si vuole che il sistema funzioni si deve smontare tutto e ricominciare da capo.

PS. Un piccolo dettaglio al Fatto Quotidiano, che correda il pezzo (riportato qui sotto per intero), scritto da Elisabetta Ambrosi, con una fotografia. E’ ritratto Nicola Marini. La didascalia dice: “Il presidente dell’Ordine di giornalisti”. No, ragazzi. Il presidente dell’Ordine si chiama Carlo Verna. Ora, se si vogliono impartire lezioni di giornalismo, sarebbe bene non commettere l’errore da dilettanti di non sapere nemmeno chi è il presidente del proprio ordine professionale.

Pneumatici, flora e fauna, linci e lupi: così l’Ordine forma i suoi giornalisti

Problemi con gli pneumatici? Se siete a Milano il prossimo 5 dicembre fate un salto nella sede dell’Aci in corso Venezia. Troverete un convegno dal titolo “Gli pneumatici alla base della sicurezza sulla strada: la giusta applicazione delle norme e l’evoluzione tecnologica negli anni”. Un corso per automobilisti scrupolosi o futuri patentati? Niente affatto. Si tratta di una giornata di formazione per giornalisti (obbligatoria dal 2014).

Ma che c’azzecca con il mestiere del reporter? Proprio nulla, anche se secondo la piattaforma, dove i giornalisti trovano i loro eventi formativi si tratterebbe di “etica della comunicazione di nuove normative, la cui diffusione è resa necessaria dalla diffusione di tecnologie inedite, che possono avere dei risvolti sui comportamento sociali”. Detto in soldoni qualsiasi cosa è formazione.  E infatti, accanto ai più rari eventi sulla libertà di stampa e sulla deontologia, si trovano soprattutto giornate, organizzate dai vari ordini regionali, incentrate sui temi più strampalati. Ad esempio il convegno “Essere talenti nello sport ” (Liguria), oppure, quasi il titolo di un film “Nord contro Sud” (Piemonte) o l’evento “Sport invernali e media” (Friuli Venezia Giulia). Per non parlare delle tre ore incentrate su “Che cosa rimane dell’America di Jfk”?, rigorosamente, chissà perché, in maiuscolo (Torino) o della mezza giornata su “La Guardia Costiera, un Corpo al servizio del mare” (Lazio), o ancora del convegno “Il calcio visto dalla panchina: dalla tattica alla gestione del gruppo” (Liguria).

Decisamente new age, invece, la giornata organizzata dall’Ordine dell’Emilia dal titolo “Salute e benessere: il cammino dorato”, proprio come il corso “Flora, Fauna: il fenomeno, l’attività giornalistica e il controllo delle forze dell’ordine” (Campania), motivato come “approfondimento su botanica e protezione animali”. E sempre di flora tratta il misterioso incontro “Informazione e comunicazione per il vivaismo 4.0” (Toscana), mentre di fauna si occupa l’imperdibile giornata dedicata a “Orso, Lupo e Lince in Trentino e sulle Alpi: conoscerli per comunicarli correttamente” (a Trento).

Chi immagina di trovare corsi concreti per apprendere indispensabili software per lavorare sul web dovrà rassegnarsi. Al massimo si può incappare nel vaghissimo corso “Dalla penna al mouse” (Piemonte), oppure nella giornata dedicata a “Facebook e il Principe” (Puglia), in cui, si legge, verrà analizzato “l’affascinante e controverso rapporto tra politica e comunicazione, attingendo al documentato saggio di Pargoletti” (Il docente? Sergio Pargoletti, naturalmente). L’altra faccia del corso vago è quello iper specialistico, soffocante: ad esempio il Lazio tiene una mezza giornata su “Come leggere le tavole dei Supplementi al Bollettino Statistico: Banche e Monete e Finanza Pubblica della Banca d’Italia”. E poi ci sono i corsi che hanno titoli che un giornalista mai farebbe, addiritura con refusi. Come quello su “Banche: crisi economiche e dramma degli utenti” (Veneto), oppure “Terrorismo, trappola infernale” (Friuli Venezia Giulia). E ancora i criptici “La gestione delle fragilità e l’etica di informare” (Piemonte), “Un mondo in fuga” (Trieste), “Quadro di vita, scelta attività e reclutamento. Ruolo dell’informazione” (Liguria), infine “I rifiuti ? pesanti? Una risorsa” (Lombardia).

Ma allora cosa deve fare il giornalista per trovare i corsi giusti da utilizzare nel suo mestiere? Facile, spostarsi sui corsi a pagamento. Perché l’alternativa è questa: seguire eventi superflui o pagare di tasca propria per avere vera formazione. Non sia mai che l’Ordine serva a qualcosa”.