giorgio levi

Lavorare gratis è contro i miei principi, mi dimetto dal master

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Cominciamo dalla fine. Sono (o meglio ero) un tutor al master di giornalismo Giorgio Bocca di Torino. Mi sono dimesso oggi dall’incarico che ricoprivo dall’autunno del 2010. Le ragioni? Un consigliere regionale dell’Ordine dei giornalisti non può insegnare al master di giornalismo. O meglio lo può fare, ma solo a titolo gratuito. Il significato si ispira ad un principio di correttezza e di pulizia morale che fa venire la pelle d’oca tanto è limpido. Il consigliere regionale vota tutti gli anni il finanziamento al master e dunque non può essere allo stesso tempo quello che apre i cordoni della borsa e il beneficiario dei denari che ha stanziato. E fin qui il principio è pulito come il mare della barriera corallina. Di una dirittura morale che credo non abbia eguali in questo Paese. Direi, che i colleghi che hanno lavorato sul regolamento interno hanno incardinato nel cemento armato il fondamento base del conflitto  d’interessi. I giornalisti quando c’è da essere puliti si fanno la doccia fin che la pelle si consuma. Questo naturalmente va a loro merito, ma come tutte le norme perfette e condivisibili contiene una contraddizione non così irrilevante. Ed è proprio quel “gratuito”.

Ora,  va detto (per quanto mi riguarda) che il termine “gratis” associato ad una attività lavorativa, anche impegnativa come questa, mi fa venire l’orticaria. Il master è un luogo dove giovani laureati, che hanno superato una selezione e versano in cassa circa 18 mila euro svolgono il loro periodo di praticantato in attesa di andare a Roma a sostenere l’esame da professionisti. Nei due anni studiano e lavorano come se fossero nella redazione di un giornale o di una radio o di una televisione. I tutor sono i loro capiservizio. Con loro iparano a scrivere, a fare un titolo,  a montare un servizio televisivo.  La domanda che molti si fanno è se il master funziona. In parte sì, in parte no.  Quello che gioca a favore è che oggi questa è l’unica strada per svolgere il praticantato. I giornali licenziano, non assumono professionisti e meno che mai un praticante. Dunque, non c’è scelta. L’elenco di come migliorarne l’efficienza è lungo (dal ruolo dei docenti universitari all’organizzazione interna) ci porterebbe lontano. Troppo per ora.

Alla fine di tutto l’unica via possibile per restare nel parco tutor del Giorgio Bocca sarebbe stata quella d’ insegnare gratuitamente per l’intero prossimo anno. Nella mia lunga e travagliata esistenza professionale (chi ha letto il mio libro lo sa) ho mantenuto sempre il principio irrununciabile che mai e per nessuna ragione al mondo avrei lavorato gratis. Anche poco, ma così è stato. A proposito di poco. Al master i docenti universitari incassano  70 euro lorde all’ora, i giornalisti 40, a domanda sulla dispartità di trattamento, e alla recente richiesta del presidente Alberto Sinigaglia di equiparare i compensi, il granitico e invalicabile fronte universitario si è chiuso a testuggine sostenendo tesi persino infantili. Tipo quella che loro devono preparare le lezioni prima di andare in aula. Da qui la differenza monetaria. E i giornalisti? Come ci vanno? Alla belin di cane davanti ai ragazzi? Io, per dire, quando ho lezione il lunedì passo la domenica a raccogliere materiale, scrivere, cercare spunti sui servizi, inventarmi pezzi da titolare, ricavare notizie che mi saranno utili il giorno dopo. Che dire? E’ l’università. Ad ogni buon conto, con il ricavato finale di 7 mesi d’insegnamento mi metto in tasca 1.200 euro circa, ci stanno comodamente anche nella tasca del costume da bagno.

Più onesto sarebbe stato se la normativa avesse detto: sei un consigliere regionale dell’Ordine? Bene, non fai il tutor. Invece è: sei un consigliere? Fai pure il tutor, ma gratis. Per trent’anni, prima a Milano poi a Torino, ho combattutto contro gli editori che sfruttano, che ricattano, che non pagano mai, che promettono una tessera da giornalista in cambio di zero buste paga. E adesso che cosa insegno ai ragazzi del master? Che si può lavorare gratis? E cazzarola.

Il concetto di “non lavorare mai senza stipendio” lo trasmetto ogni biennio ai ragazzi. “Mi raccomando non accettate lavori in cambio di null’altro che non siano monete chiamate euro. Tutto il resto è spazzatura”.  Che autorevolezza potrei avere? E perché io dovrei lavorare gratis quando dietro di me in graduatoria ci sono colleghi che sarebbero ben contenti di entrare al master e portarsi a casa i 40 euro? Dovrei togliere un posto di lavoro?

Per ovviare a questo, diciamo inconveniente, ho chiesto lumi (su indicazione del consiglio dell’Ordine del Piemonte, dove la questione è stata all’ordine del giorno) al presidente nazionale Enzo Jacopino. Ho scritto chiedendo a Roma di trovare una soluzione ponte. Ovvero una soluzione per i mesi di questo secondo anno del biennio che mi consentisse di lavorare pagato, che mi permettesse di portare a termine il programma che avevo iniziato e che i ragazzi avessero nell’insegnamento il senso della continuità della docenza. Voi sareste contenti se pagaste 18 mila euro per vostro figlio che al secondo anno cambia già insegnante? La risposta di Jacopino (in sintesi, eh) “non si può fare, però puoi sempre lavorare gratis”. Ancora.

Così, ho ritenuto più dignitoso dimettermi.

Mi spiace per i ragazzi, a cui va tutta la mia simpatia, per alcuni bravi anche l’affetto professionale, e per gli altri il mio incoraggiamento. Questo futuri colleghi, è un mestiere in salita. Ma non arrendetevi mai, siate cattivi, intransigenti, non lavorate gratis, non accettate compromessi anche in cambio di promesse di carriera e non fatevi mettere in piedi di testa da nessuno, nemmeno dai direttori.

Sul master ci sarà molto da dire e da fare e da rifare, soprattutto l’anno prossimo quando si dovrà puntare ai finanziamenti per il nuovo biennio. Resto membro del Comitato Tecnico Scientifico. Per come dovrà essere la scuola e la formazione obbligatoria in generale  verrà il tempo opportuno. Certo i modi e i programmi e le impostazioni saranno molto diversi da questo, m’impegno per quello che compete al mio ruolo, di lavorarci da subito.

PS. Io svolgo funzioni di consigliere dell’Ordine dei giornalisti e di tesoriere, il che comporta, come per il presidente e gli altri colleghi, una presenza costante negli uffici di corso Stati Uniti. Runioni, incontri, consigli, discussioni con le banche, piani di rinnovamento, bilanci da verificare e tenere sotto controllo, risposte ai numerosi quesiti di tanti colleghi che scrivono o si presentano di persona. Ho già espresso tutte le mie perplessità sulla necessita di avere un  Ordine come questo e il groviglio di burocrazia, leggi, munuzie varie. Ma per ora tutto questo lavoro va fatto e si svolge per ciascuno di noi gratuitamente, sempre e in qualsiasi circostanza. E’ una scelta (in altre regioni non è così) che personalmente apprezzo perché mi consente di essere libero da qualsiasi condizionamento, non mettendomi in tasca un euro (nemmeno il rimborso spese perché in corso Stati Uniti vado in bicicletta) quello che svolgo è nell’interesse esclusivo dei miei colleghi.  Insegnare in una scuola dove tutti sono remunerati (in qualche caso anche lautamente)  è un lavoro. Che università, master e ordine nazionale accettino che alcuni lo facciano senza essere pagati è una mancanza di rispetto verso le persone, il loro impegno e gli studenti che frequentano la scuola.